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“Chi vincerebbe le elezioni oggi”. Sondaggi, cambia tutto dopo le Regionali: clamoroso

Pubblicato: 26/11/2025 07:22

L’Istituto Cattaneo sostiene che «il governo Meloni non è stato battuto» alle regionali e che il centrodestra mantiene buone possibilità di vittoria alle prossime politiche. Tuttavia, l’analisi dei flussi elettorali in Campania, Veneto e Puglia suggerisce che la partita nazionale sia oggi molto più aperta rispetto al 2022. L’ipotesi di un pareggio o di una maggioranza risicata torna concreta, perché nel proporzionale centrodestra e campo largo sarebbero ormai in sostanziale equilibrio. In uno scenario regolato dal Rosatellum, tutto dipenderebbe dai collegi uninominali.

Nel 2022 il centrodestra aveva conquistato 98 collegi in più grazie alla divisione di M5S, Terzo Polo e centrosinistra. Oggi, secondo le simulazioni, ne vincerebbe appena 34, con la possibilità di arretrare in Sicilia, Sardegna e Calabria. Di fronte a un quadro più incerto, gli studiosi si chiedono se sia preferibile mantenere un sistema che può produrre risultati indeterminati oppure adottare un meccanismo simile alle Regionali, che ha permesso vittorie nette anche in presenza di coalizioni equivalenti.

La mappa del voto regionale restituisce un’Italia chiaramente divisa: Nord e Centro orientati verso il centrodestra, la zona rossa e gran parte del Sud verso il centrosinistra. Colpisce, in particolare, il peso dei travasi: in Puglia il 30% degli elettori che alle Europee avevano votato centrodestra ha scelto Antonio Decaro, mentre in Campania la quota è poco sotto il 20%. In entrambe le regioni il Pd risulta primo partito, mentre in Veneto brilla la performance personale di Luca Zaia, capace di superare ogni precedente record di preferenze.

Il ruolo dei travasi di voto è centrale per capire la dinamica di questa tornata elettorale. In Campania, accanto alla crescita di candidati come Cirielli, si registra un’emorragia dal centrodestra che sorprende gli stessi analisti: una quota significativa di elettori che nel 2020 avevano scelto FdI, Forza Italia o Lega si è ora spostata verso Roberto Fico, candidato del campo largo. Allo stesso tempo, parte dell’elettorato progressista ha premiato candidati del centrodestra, a conferma di una fluidità mai così marcata.

meloni contro schlein o conte

Sempre in Campania, il 19% degli elettori di Fratelli d’Italia alle Europee ha votato per il campo largo. Per Forza Italia la fuga tocca il 22%, e per la Lega il 16%. Una dinamica simile, spiegano gli esperti, è ancora più evidente in Puglia, dove Decaro ha drenato in modo consistente voti del centrodestra, superando nettamente il potenziale combinato dei candidati precedenti del centrosinistra e del M5S.

In Puglia, infatti, il 31% di chi aveva scelto FdI alle Europee ha votato per Decaro alle regionali. Stesso discorso per il 30% degli elettori di Forza Italia e il 28% di quelli della Lega. L’affluenza in calo ha colpito entrambi gli schieramenti, ma senza alterare la tendenza chiave: il campo largo, quando riesce a presentarsi unito, ottiene risultati competitivi anche in territori storicamente difficili.

Le simulazioni di YouTrend confermano che un’alleanza compatta formata da Pd, M5S, Avs e Iv potrebbe mettere in difficoltà il centrodestra nei collegi uninominali. Secondo le analisi, sei collegi considerati “persi” nel 2022 diventerebbero oggi favorevoli al campo largo, soprattutto in Campania e Puglia, mentre altri dodici risulterebbero contendibili. Una differenza che potrebbe trasformare radicalmente la composizione del Senato e determinare un futuro scenario di ingovernabilità.

Consapevole del rischio, il centrodestra rilancia l’idea di una riforma della legge elettorale, introducendo un premio di maggioranza per la coalizione che supera il 40% e abolendo i collegi uninominali. Resta però aperta la discussione sul nome del candidato premier in scheda, tema che divide gli alleati. Forza Italia ribadisce la preferenza per il modello attuale, dove “chi prende più voti guida il governo”, mentre le opposizioni accusano la maggioranza di voler riscrivere le regole solo per difendere il proprio potere.

Il Pd giudica questa mossa un tentativo di blindare la leadership della destra in vista di un contesto politico più competitivo. Anche Matteo Renzi sostiene che la riforma sarebbe motivata unicamente dal timore di perdere con l’attuale sistema. In questo clima, l’Italia si prepara a una fase politica incerta, in cui la fluidità dell’elettorato e la capacità delle coalizioni di tenersi unite potrebbero risultare decisive quanto e più dei programmi.

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