
Il Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi, secondo la Procura di Pavia, è solo l’ultimo tassello che si aggiunge al quadro indiziario costruito in questi mesi su Andrea Sempio. Nel fascicolo compaiono l’ormai nota impronta 33 sul muro delle scale della villetta di Garlasco, le telefonate giudicate anomale a casa Poggi e il famoso scontrino del parcheggio di Vigevano, elementi che per gli inquirenti concorrono a delineare un sospetto sempre più pesante.
A complicare lo scenario c’è anche l’inchiesta di Brescia per corruzione in atti giudiziari che vede indagato l’ex magistrato Mario Venditti. L’ipotesi è che il pm in pensione possa aver ricevuto denaro per contribuire a scagionare Sempio nel 2017, quando il suo nome venne già preso in considerazione nelle indagini sul delitto. Per l’amico di famiglia Poggi si tratta della seconda inchiesta in otto anni, una nuova ondata di attenzioni che lo ha riportato al centro del caso.

Le nuove indagini e la voce di Sempio
Di fronte a questo nuovo fronte giudiziario, Andrea Sempio, oggi 37enne, non nasconde amarezza e stanchezza. “C’è un certo accanimento, spero in buona fede”, ha commentato di recente, spiegando come la sua quotidianità sia stata completamente stravolta dal ritorno sotto i riflettori. “Al momento non ho una vita – è stato il suo sfogo – Sono tornato nella cameretta in cui stavo una volta, chiuso lì, non posso fare niente. E’ come essere ai domiciliari”.
Sempio è indagato per omicidio in concorso con Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara e unico condannato in via definitiva per il delitto di Garlasco. Nonostante le sue ripetute dichiarazioni di innocenza, la Procura ritiene di avere ormai in mano un quadro sufficientemente robusto per chiudere il fascicolo. In attesa degli esiti dell’incidente probatorio disposto dal gip di Pavia Daniela Garlaschelli – per il quale le parti sono state nuovamente convocate il 18 dicembre – l’obiettivo degli inquirenti è arrivare già la prossima primavera alla richiesta di processo.

Le impronte e le telefonate sospette
Per il procuratore di Pavia Fabio Napoleone, l’impronta repertata sulle scale che portano al seminterrato della villetta di Garlasco sarebbe stata lasciata dal palmo destro di Sempio “per la corrispondenza di 15 minuzie dattiloscopiche”. Una valutazione tecnica considerata molto rilevante dall’accusa, anche se questo elemento non è rientrato formalmente nell’ambito dell’incidente probatorio. Per gli investigatori, però, resta uno dei punti chiave del quadro indiziario.
A carico dell’amico di Marco Poggi, fratello della vittima, ci sarebbero anche tre telefonate effettuate nei giorni immediatamente precedenti al delitto, quando la 26enne era in casa da sola. Si tratta di chiamate ritenute “sospette” dagli inquirenti, convinti che Sempio sapesse che l’amico era partito con i genitori per le vacanze in Trentino. Lui, anche nelle precedenti indagini, ha sempre sostenuto di essere “sicuro” che Marco non gli avesse indicato “la data precisa della sua partenza” e di aver telefonato a casa Poggi, tra il 7 e l’8 agosto, solo per “chiedere” se ci fosse Marco.
E restano poi le presunte incongruenze legate allo scontrino del parcheggio di Vigevano del 13 agosto 2007, che collocherebbe l’indagato in un luogo diverso rispetto alla scena del delitto nell’ora dell’omicidio, e che fu consegnato agli inquirenti solo un anno dopo, quasi a voler costruire un alibi a posteriori. “Non è suo”, avrebbe affermato un testimone che si sarebbe presentato spontaneamente, in una data non meglio precisata, negli uffici della caserma dei carabinieri di via Moscova a Milano. “Quandanche fosse un alibi, è un mero indizio e non una prova”, ha spiegato l’avvocato Liborio Cataliotti, che da poche settimane ha preso il posto di Massimo Lovati come difensore del 37enne. Le indagini proseguono.


