
Non c’è nulla di più sacro e atteso di un rifugio. La casa, il luogo che dovrebbe rappresentare l’abbraccio sicuro dopo la tempesta del giorno, il nido dove le promesse d’amore e le risate si mescolano al profumo della cena. Eppure, a volte, proprio tra quelle mura domestiche, si annida l’oscurità più profonda. Quell’ambiente intimo, deputato alla cura reciproca e alla fiducia incondizionata, può subire una metamorfosi agghiacciante, diventando teatro di eventi che sfidano la comprensione umana e lasciano ferite non solo sul corpo, ma sull’anima stessa. La cronaca, implacabile nel suo racconto, ci costringe ancora una volta a confrontarci con il lato più brutale dei rapporti interpersonali.
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La vicenda che andiamo a narrare è una di quelle storie che squarciano il velo della normalità e ci ricordano quanto sia fragile l’equilibrio della convivenza, specie quando elementi esterni e destabilizzanti, come l’abuso di sostanze, minano la stabilità emotiva e psicologica degli individui coinvolti. Ciò che è emerso durante il processo è un resoconto di una violenza inspiegabile, perpetrata con una ferocia che ha toccato sia gli affetti più cari che gli esseri più indifesi. La giustizia ha fatto il suo corso, ma le cicatrici di un’estate segnata dall’orrore rimarranno indelebili nella memoria di tutti coloro che sono stati toccati da questa spirale di brutalità e degrado.
Il drammatico racconto degli eventi a Cardiff
L’orrore si è consumato a Cardiff, la capitale gallese, e ha visto come protagonisti l’aggressore, Steven Cornish, un giovane di diciannove anni, e la sua compagna, la cui identità è stata protetta. Steven Cornish è stato condannato a 15 mesi di detenzione in un istituto per minorenni a seguito di una serie di atti criminali che spaziano dalla violenza domestica alle sevizie su animale. La sentenza è stata emessa dalla Newport Crown Court, dove sono stati ripercorsi i momenti di inaudita ferocia.

L’escalation della brutalità e l’uccisione del gatto
Il primo atto di violenza eclatante risale a maggio, quando la vittima dormiva. Il procuratore Dan Jones ha descritto come Steven Cornish, sotto l’effetto di droghe, abbia aggredito il loro gatto domestico in modo immotivato. La donna è stata svegliata dall’imputato che ha afferrato l’animale e ha iniziato a colpirlo violentemente contro il pavimento e le pareti dell’abitazione. L’atto di crudeltà verso gli animali è culminato quando Cornish ha afferrato l’animale per la coda e lo ha percosso ripetutamente fino a provocarne la morte.
Dopo l’uccisione, l’aggressore ha costretto la fidanzata a ripulire la scena del crimine e, in un atto di pura prevaricazione, l’ha minacciata e le ha tirato i capelli, intimandole di non allertare in alcun modo la polizia. Questo episodio ha segnato l’inizio di una serie di atti che hanno terrorizzato la giovane donna.
L’accoltellamento con il coltello da cucina
A giugno, la violenza di Steven Cornish si è diretta in modo diretto e pericoloso verso la sua compagna. Descritto come “incoerente”, l’imputato ha brandito un coltello da cucina dalla lama lunga venti centimetri e ha pugnalato la vittima alla gamba destra, appena sopra il ginocchio. La ferita riportata era una lacerazione di due centimetri e mezzo. L’atto violento sembra aver avuto un effetto momentaneo di “lucidità” sull’aggressore, che si è scusato con la ragazza e l’ha aiutata a medicarsi.
In quel frangente, riconoscendo la sua natura violenta, avrebbe detto alla vittima: “Sono un tale stronzo, non puoi stare con uno come me. Non funzionerà“. Parole che non sono bastate, tuttavia, a interrompere la sua condotta criminale.
Gli ultimi episodi di aggressione prima dell’arresto
Nei giorni successivi, tra il 10 e l’11 luglio, le aggressioni sono riprese con una frequenza allarmante. Steven Cornish ha colpito la vittima alla testa con un telecomando, l’ha trascinata per terra, le ha sputato addosso e le ha tirato i capelli, appellandola con termini offensivi come “inutile e arrabbiata“. La violenza è degenerata ulteriormente il 15 luglio, quando l’imputato ha schiaffeggiato e sferrato una gomitata in faccia alla donna, causandole un occhio nero.
L’ultimo episodio è avvenuto il 16 luglio, con Cornish nuovamente in uno stato di incoscienza, che ha aggredito la vittima con un bastone metallico, colpendola alla testa. Le lesioni riportate dalla donna erano diffuse: contusioni al polpaccio, alla mano, un graffio sulla schiena e un taglio alla nuca.
Dopo quest’ultima aggressione, la vittima è riuscita a chiamare le forze dell’ordine. La polizia, giunta nell’appartamento di May Street, Cathays, ha descritto la ragazza come “pietrificata” dalla paura.
La condanna e le motivazioni attenuanti
Steven Cornish si è dichiarato colpevole di tutti i reati contestati: aver causato sofferenze inutili a un animale, aver causato lesioni personali gravi, due capi d’imputazione per aggressione con lesioni personali gravi e aggressione tramite percosse. Nonostante non avesse precedenti penali di rilievo, aveva ricevuto un precedente ammonimento per aggressione e furto in negozio.
Il difensore, David Pinnell, ha invocato come attenuanti i “problemi di sviluppo” del cliente, legati a un’infanzia e un’educazione difficili, e ha evidenziato che l’abuso di cannabis era un fattore chiave della sua condotta. L’imputato, dal momento della detenzione preventiva, ha affermato di aver smesso di assumere droghe e di cercare un impiego in carcere.
Il giudice Daniel Williams ha ritenuto la gravità dei crimini commessi preponderante, in particolare l’atto di crudeltà verso gli animali e la serie di violenze domestiche, condannando Steven Cornish a 15 mesi di reclusione in un istituto per minorenni. La sentenza ribadisce la tolleranza zero nei confronti di questi atti brutali, che minano la sicurezza e la dignità delle vittime e dei membri più vulnerabili della società.


