
Qual è il vero movente che ha scosso il caso dell’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco? Questa è la domanda che continua a tenere banco, riaccendendo un dibattito che sembra non avere mai fine. Negli ultimi giorni, una nuova rivelazione ha gettato un’ombra inedita sull’intera vicenda: il Dna trovato sotto le unghie della vittima, compatibile con la linea maschile della famiglia Sempio, secondo la perizia della genetista Denise Albani. Un dettaglio che ha rimesso in discussione tutto, riaprendo interrogativi mai sopiti su cosa accadde davvero quel fatidico 13 agosto 2007.
Ma non è finita qui. A questa notizia se n’è aggiunta un’altra, potenzialmente ancora più esplosiva. Il Corriere della Sera ha rivelato che i magistrati di Pavia sarebbero convinti di aver ricostruito il movente nei minimi dettagli, parlando di “plurimi indizi contro Sempio”. Se questa ricostruzione dovesse trovare conferma, saremmo di fronte a una svolta epocale. Ricordiamo che, nonostante la condanna di Alberto Stasi, il movente non era mai stato individuato con certezza. Un tema scottante, discusso anche nell’ultima puntata di Ore 14, con la partecipazione della giornalista Rita Cavallaro e dell’avvocato di Alberto Stasi, Antonio De Rensis.
Il mistero del movente: nuove ipotesi
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Garlasco, l’avvocato De Rensis sul movente dell’omicidio di Chiara Poggi: “Era diventata…”
Nello studio di Milo Infante, è stato ribadito un concetto chiave: sebbene un movente non sia strettamente necessario per una condanna (come dimostra il caso Stasi), esso può offrire una chiave di lettura fondamentale per capire la dinamica di un delitto. Al momento, non c’è una versione ufficiale, ma le ipotesi emerse potrebbero pesare non poco in vista di un’eventuale richiesta di rinvio a giudizio per Andrea Sempio. L’ipotesi più accreditata si concentra su un movente legato alla sfera privata di Chiara: nel computer che suo fratello Marco usava con gli amici, tra cui Sempio, erano custoditi video intimi che lei aveva protetto con cartelle dedicate. Durante una SIT, a Marco Poggi era stato chiesto se qualcuno avesse potuto vederli, ma la sua risposta resta un mistero.
I dettagli rivelati dalla giornalista Rita Cavallaro

Rita Cavallaro, giornalista de Il Tempo che segue il caso da anni, ha approfondito questo intricato punto. “L’idea di un movente legato all’intimità della vittima può essere attendibile, Chiara aveva infatti messo in sicurezza i suoi video in apposite cartelle, ma si era anche lamentata con la mamma sull’accesso del suo computer permesso al fratello. Solo successivamente lei ha inserito una password per visualizzare le cartelle, una era addirittura stata resa ‘fantasma’, non rendendola più visibile sullo schermo.” Ma non è l’unica pista: “Non si può però scartare anche l’idea di avance che lei avrebbe respinto, era un’ipotesi messa in evidenza dalla cugina Paola Cappa in una delle sue prime SIT.” Cavallaro ha anche precisato: “Non abbiamo invece risultanze investigative sul furto dei suoi video intimi, mentre ad avere parlato della pista che porta al Santuario era stato per primo Lovati, ex avvocato di Sempio, oltre a Savu, romeno condannato per estorsione a Don Gregorio, oggi in carcere. A breve quest’ultimo dovrebbe essere sentito, segno evidente della volontà di capire meglio la sua versione e scartare ogni ipotesi.”
L’analisi dell’avvocato Antonio De Rensis

In studio era presente anche l’avvocato Antonio De Rensis, attento osservatore di ogni sviluppo che possa riguardare la posizione di Alberto Stasi. Il legale ha messo in luce un aspetto spesso dato per scontato: “Non abbiamo alcuna prova che l’aggressione sia iniziata alle 9.12 (orario in cui è stato disattivato l’allarme, ndr). Chi dice che l’allarme viene staccato per far entrare qualcuno? Chiara non avrebbe mai aperto con il pigiamino a un estraneo per la sua serietà, per questo può avere aperto a qualcuno che conosceva o c’è stato un passpartout visivo, non necessariamente alla porta c’era Alberto. Secondo me era diventata un problema per qualcuno, penso che l’aggressione sia svolta in un tempo superiore rispetto a quanto indicato nella sentenza di condanna, la perizia Testi parla di un omicidio fatto troppo di corsa.”
Un altro elemento cruciale sottolineato dalla difesa di Stasi è l’assenza di qualsiasi segnale di tensione tra i due fidanzati nelle ore precedenti il delitto: nessuna lite la sera, nessuna discussione nella notte. De Rensis ha rafforzato il suo ragionamento con una considerazione molto personale: “Io ho fatto arrabbiare qualche fidanzatina in passato, se suonavo il campanello mi diceva: ‘Vedi di andare’, e invece qui la porta si apre tranquillamente.” Un dettaglio che, secondo il legale, indebolirebbe ulteriormente l’ipotesi di un coinvolgimento di Stasi, finora l’unico condannato per questo enigma che continua a tenere l’Italia col fiato sospeso.


