
Mentre l’Europa continua a spingere per un accordo sui beni russi congelati, un leader ha scelto di muoversi in autonomia. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha fatto un ingresso di grande impatto nel Cremlino, incontrando per diverse ore il presidente russo Vladimir Putin, nel bel mezzo delle trattative sul piano di pace per l’Ucraina.
La mossa di Orbán è stata vista come una nota stonata dagli alleati europei. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha commentato: «Viaggio senza averci consultato, ma non siamo sorpresi. Non gioca con la nazionale europea da un po’ di tempo e la visita rientra in questo contesto».

L’incontro ha messo in evidenza il rapporto privilegiato tra Putin e Orbán, un legame che continua a infastidire Bruxelles. Il leader russo ha accolto Orbán sottolineando il suo ruolo di Paese equilibrato sulla situazione in Ucraina, definendo la relazione «costruttiva e strategica».
Orbán ha colto l’occasione per rinnovare la sua proposta di ospitare nella capitale Budapest un nuovo round di negoziati internazionali tra Russia, Stati Uniti e Ucraina, rafforzando il suo ruolo di mediatore regionale.
Il viaggio diplomatico viene letto anche come un smacco politico per Bruxelles, evidenziando le difficoltà dell’Unione europea nel mantenere un fronte unico verso Mosca, soprattutto nelle questioni economiche e commerciali legate alle sanzioni contro la Russia.

L’incontro ha poi toccato il tema energetico. Orbán e Putin hanno discusso di forniture e dipendenze strategiche, con il leader russo che ha confermato la volontà di garantire l’approvvigionamento energetico dell’Ungheria anche in futuro.
Questa posizione rafforza la dipendenza energetica di Budapest dal Cremlino, sollevando interrogativi sulla coesione del fronte occidentale e sulla capacità dell’UE di influenzare le politiche interne dei singoli Stati membri.
Lo stesso Donald Trump, osservando la situazione, ha riconosciuto la posizione privilegiata dell’Ungheria, che gode di una sostanziale esenzione dalle sanzioni anti-Mosca, confermando l’isolamento relativo di Budapest rispetto al resto d’Europa.
Il caso mette in luce le tensioni interne all’Unione europea, dove la politica estera e le scelte energetiche di uno Stato membro possono avere impatti significativi sulle strategie comuni, lasciando aperti dubbi su quanto l’Europa possa davvero parlare con una sola voce.


