
L’episodio di violenza e intimidazione avvenuto nel primo pomeriggio di venerdì 28 novembre ha scosso profondamente la città di Torino, sollevando un’ondata di indignazione e condanna. Durante una giornata di sciopero generale che aveva portato circa duemila persone in piazza, un gruppo di circa un centinaio di manifestanti, staccatosi dal corteo principale, ha assaltato la sede del quotidiano La Stampa. L’attacco è stato esplicitamente motivato da un’accusa molto grave rivolta ai giornalisti: quella di essere “complici dell’arresto in Cpr di Mohamed Shahin”, l’imam di via Saluzzo per il quale la Corte d’Appello di Torino aveva poche ore prima convalidato il trattenimento presso il Cpr di Caltanissetta.
L’azione si è manifestata con il lancio di letame contro i cancelli della sede di via Ernesto Lugaro, la realizzazione di scritte sui muri e, in un preoccupante crescendo di violenza, l’irruzione all’interno della redazione stessa. Decine di manifestanti sono riusciti a forzare un ingresso secondario, penetrando all’interno dell’edificio e portando il conflitto direttamente nel luogo simbolo della libertà di informazione. Davanti all’ingresso principale, nel frattempo, era stato esposto uno striscione con il chiaro messaggio “Free Shahin”, a sottolineare il legame diretto tra la protesta e la vicenda giudiziaria dell’imam.
I momenti dell’assalto e le motivazioni dei manifestanti
Lo spezzone del corteo, la cui manifestazione principale si era conclusa intorno alle ore 15, ha compiuto un atto di estrema gravità irrompendo negli uffici de La Stampa. Negli attimi immediatamente successivi all’irruzione, una voce al microfono ha chiarito senza mezzi termini le motivazioni dell’attacco. Il messaggio era perentorio e carico di risentimento: “Non è finita qua, la Palestina la vogliamo libera come vogliamo libero il nostro compagno e fratello Mohamed Shahin”. I manifestanti hanno accusato apertamente la testata giornalistica di aver operato una narrazione distorta e faziosa della vicenda dell’imam, dipingendolo come un “terrorista” e appellandosi al “vile strumento dell’islamofobia”.
La protesta si è trasformata in una vera e propria dichiarazione di guerra all’informazione tradizionale, con l’affermazione che “Il giornalismo è finito, è diventato servo di questo Stato di polizia” e la rivendicazione di voler “scrivere noi la storia, riempiremo noi quei buchi narrativi”. L’irruzione, avvenuta attraverso una porta secondaria, ha visto oltre una decina di persone entrare nella redazione, lasciando dietro di sé un segno tangibile di devastazione: sono state lasciate scritte sui muri, è stata sfondata una porta in vetro all’interno dell’edificio e diverso materiale è stato gettato a terra dai tavoli di lavoro. Solo l’intervento della polizia in tenuta antisommossa ha portato i manifestanti a lasciare la sede dopo decine di minuti, ricomponendosi poi in corteo. A conclusione di questa drammatica azione, è stato immediatamente rilanciato un nuovo appuntamento di protesta, un presidio davanti alla Prefettura di Torino previsto per le ore 18 di quello stesso venerdì 28 novembre, al fine di esigere l’immediata liberazione dell’imam.
La ferma condanna del mondo politico regionale e cittadino
L’azione di forza e danneggiamento non ha tardato a suscitare una condanna unanime e ferma da parte delle massime autorità politiche regionali e cittadine. Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha espresso la sua posizione con una nota molto dura, definendo l’accaduto come “inaccettabile”. Cirio ha rimarcato come l’episodio rappresenti ancora una volta la confusione tra il “diritto al dissenso e all’espressione delle proprie idee con la violenza, gli attacchi e la devastazione”. Egli ha sottolineato la particolare odiosità di tali atti quando “hanno come obiettivo l’informazione, che è per tutti baluardo di libertà e democrazia”, esprimendo la sua “piena solidarietà” al quotidiano e ai suoi giornalisti, e la sua “assoluta condanna” nei confronti dei “soliti facinorosi”.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è posizionato il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, il quale ha espresso “solidarietà a nome della città di Torino a tutta la redazione, alle lavoratrici e ai lavoratori del quotidiano La Stampa”. Il sindaco ha ribadito che “L’intrusione e i danneggiamenti che si sono verificati sono inaccettabili”, auspicando che “i colpevoli vengano al più presto individuati e perseguiti dalle forze dell’ordine”. Lo Russo ha chiarito in modo netto che quanto accaduto “non ha nulla a che vedere con il diritto a manifestare pacificamente le proprie idee” e che la gravità è amplificata dal fatto che l’attacco ha colpito “un simbolo del diritto alla libera informazione, che è uno dei pilastri della nostra democrazia”. Il messaggio conclusivo del sindaco è stato chiaro: “Episodi simili nella nostra città non possono essere tollerati”.
Le reazioni delle forze politiche e l’allarme per la democrazia
Anche esponenti di spicco delle forze politiche hanno espresso un giudizio estremamente severo sull’accaduto, inquadrandolo come un attacco diretto ai principi democratici. Il senatore Roberto Rosso e il segretario cittadino Marco Fontana di Forza Italia hanno parlato di un “atto gravissimo, un salto di qualità nella violenza che sta soffocando Torino”. Hanno voluto rimarcare che non si è trattato di una “semplice protesta”, ma che è stato colpito “un luogo simbolo della libertà di informazione e del diritto dei cittadini a essere informati senza intimidazioni”. I due esponenti azzurri hanno identificato l’azione come un “attacco diretto alla democrazia che va fermato immediatamente”. Particolarmente critica è stata la loro posizione nei confronti di una “parte della politica torinese che continua a minimizzare, a guardare altrove o, peggio ancora, a strizzare l’occhio a chi trasforma la città in un terreno di scontro permanente”, definendo questo atteggiamento come “complicità pura” e un “silenzio che pesa e che sta facendo un danno enorme a Torino”.
Dalla parte di Fratelli d’Italia, la vicecapogruppo alla Camera Augusta Montaruli ha espresso “assoluta vicinanza e solidarietà al quotidiano La Stampa”, definendo l’incursione operata dai “pro-pal” come un “attacco inaccettabile alla stampa libera”. La Montaruli ha collegato l’azione alla figura dell’imam, vedendola come “la conferma della pericolosità della galassia che ruota intorno a lui”. Nonostante la gravità degli eventi, l’esponente di Fdi ha manifestato la certezza che la redazione “continuerà nel proprio lavoro di raccontare l’Italia tutta e, in particolare, una città così complessa senza timori”. L’insieme delle reazioni sottolinea la profonda preoccupazione che l’episodio ha generato, non solo per i danni materiali e l’intimidazione subita dai giornalisti, ma soprattutto per la palese minaccia alla libertà di stampa e al pacifico vivere civile della città.


