
In un clima internazionale segnato da tensioni crescenti, le dichiarazioni dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo del Comitato Militare della Nato, aprono un fronte di discussione che scuote le diplomazie occidentali. In un colloquio con il Financial Times, il comandante ha spiegato che l’Alleanza Atlantica sta prendendo in considerazione l’ipotesi di un attacco preventivo contro la Russia come risposta agli attacchi ibridi, una prospettiva che rappresenterebbe un cambiamento di approccio rispetto alla tradizionale postura difensiva.
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Strategia preventiva e quadro giuridico
Dragone ha sottolineato che la Nato sta valutando di “agire in modo più aggressivo e preventivo, piuttosto che reagire”, evidenziando come alcuni Paesi, in particolare quelli dell’Europa orientale, chiedano all’Alleanza un atteggiamento meno attendista. Secondo l’ammiraglio, un attacco preventivo potrebbe essere interpretato come una forma di azione difensiva, pur riconoscendo che tale concetto supera i consueti schemi operativi e culturali dell’organizzazione.
Dragone ha inoltre evidenziato le complessità legate al quadro legale e alla giurisdizione, elementi che determinano chi possa intervenire e con quali modalità. L’ammiraglio ha spiegato che queste limitazioni rendono l’azione dell’Alleanza più articolata rispetto a quella dei suoi avversari, i quali, avendo minori vincoli normativi ed etici, possono muoversi con maggiore libertà.

L’esperienza della missione Baltic Sentry
Nelle sue dichiarazioni, Dragone ha citato la missione Baltic Sentry, operativa nel Mar Baltico per prevenire episodi come i danneggiamenti alle infrastrutture sottomarine, tra cui i cavi di comunicazione. L’ammiraglio ha affermato che dall’avvio dell’operazione non si sono registrati nuovi incidenti, interpretando questo risultato come un segnale che la deterrenza sta funzionando.
Tuttavia, ha ribadito che il maggior numero di vincoli etici e legali che caratterizza le democrazie occidentali rappresenta un fattore di complessità rispetto alle azioni degli avversari. Dragone ha precisato che non si tratta di una “posizione perdente”, ma di una situazione che richiede maggiore attenzione nella definizione delle strategie.

La questione della deterrenza
Nella parte conclusiva delle sue osservazioni, il capo del Comitato Militare della Nato ha posto una domanda cruciale: come si ottiene davvero la deterrenza? Attraverso azioni di ritorsione o mediante un attacco preventivo? Un interrogativo che, alla luce delle dichiarazioni dell’ammiraglio, appare destinato ad alimentare il dibattito interno all’Alleanza, in un momento storico in cui la definizione dei confini tra difesa e iniziativa strategica sembra più delicata che mai.


