
Il mistero di Denise Pipitone continua a tenere tutti col fiato sospeso da oltre vent’anni. Ogni piccolo dettaglio, ogni nuova pista o azione legale, riapre ferite che non si sono mai del tutto rimarginate. La scomparsa della bambina, avvenuta il 1° settembre 2004 a Mazara del Vallo, resta uno dei casi più dolorosi e intricati della cronaca italiana. Una storia fatta di indagini interrotte, segnalazioni da ogni parte del mondo, processi che non hanno portato a nulla e una famiglia che, nonostante tutto, non ha mai smesso di lottare per la verità.
Nel corso del tempo, le ricostruzioni si sono moltiplicate e le ipotesi investigative si sono sovrapposte. Ma una cosa è certa: Denise non c’è e l’attesa di chi cerca giustizia è ancora fortissima. Ed è proprio in questo contesto di speranze e delusioni che si inserisce la recente sentenza del Tribunale di Marsala, una vicenda che, pur essendo “laterale”, riaccende i riflettori su quelle delicate fasi di riapertura delle indagini che nel 2021 avevano fatto sperare in nuovi sviluppi.
La svolta nel caso Denise Pipitone: l’assoluzione che fa discutere
Quando le indagini sono state riaperte, ogni mossa, ogni parola e ogni possibile interferenza è stata analizzata con la massima attenzione. Questo perché ogni piccolo errore avrebbe potuto compromettere un percorso già pieno di ostacoli. Proprio ieri, il giudice monocratico Giorgio Lo Verde ha assolto la giornalista Ilaria Mura, inviata della celebre trasmissione televisiva “Quarto Grado” di Rete4, dall’accusa di favoreggiamento personale.
La procura aveva chiesto per lei una condanna a un anno di reclusione, convinta che la reporter potesse aver avuto un ruolo “scomodo” nelle fasi più delicate di quella riapertura investigativa. Secondo l’accusa, Mura avrebbe avvisato Gaspare Ghaleb della presenza di microspie installate nella sua auto. Un gesto che, se provato, avrebbe potuto seriamente compromettere il lavoro degli inquirenti.
La difesa ribalta le accuse: cosa è successo veramente?
Il sospetto della procura si basava su un episodio avvenuto il 18 giugno 2021. Secondo il pubblico ministero, la giornalista avrebbe messo in guardia Ghaleb, ex fidanzato di Jessica Pulizzi (già processato e assolto dall’accusa di concorso nel sequestro). Ghaleb, che era stato condannato in primo grado per false informazioni al pm e poi prosciolto in appello, sarebbe stato informato di un presunto controllo in corso, con il rischio di alterare eventuali prove.
La difesa, però, ha ribaltato completamente questa versione dei fatti. Gli avvocati Salvatore Pino e Giulia Mangialardi hanno presentato audio e video integrali della conversazione incriminata. Hanno sostenuto che proprio da quel materiale emergesse chiaramente l’assenza di qualsiasi frase che potesse allertare Ghaleb. Secondo i legali, la versione accusatoria non avrebbe retto di fronte alla registrazione completa, che avrebbe mostrato un quadro ben diverso da quello ipotizzato inizialmente dalla procura.
La famiglia di Denise: una ricerca infinita della verità
A seguire l’intero processo c’erano anche le parti civili: Piera Maggio e Piero Pulizzi, i genitori di Denise, e Kevin Pipitone, il fratello della bambina scomparsa. Il loro avvocato, Giacomo Frazzitta, ha presenziato a tutte le udienze, ribadendo ancora una volta quanto sia fondamentale per la famiglia che ogni singolo pezzo del puzzle, anche quelli che sembrano marginali, venga chiarito in modo definitivo. Perché, finché non emergerà la verità su ciò che accadde quel tragico giorno del 2004, ogni capitolo giudiziario – assoluzione compresa – continuerà a inserirsi in un mosaico dolorosamente incompleto.


