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Italia, polemica a scuola sul canto di Natale: “Hanno cancellato Gesù!”. È bufera

Pubblicato: 01/12/2025 19:54
Sciopero nelle scuole e negli uffici comunali

Una madre, come tante altre in questo periodo dell’anno, stava ascoltando con tenerezza il figlio, alunno di un istituto comprensivo, provare e riprovare la celebre melodia in vista della recita delle feste. Era la versione italiana di Jingle Bells, un classico intramontabile che evoca gioia e inverno. Tuttavia, mentre le parole fluivano, un dettaglio l’ha colpita come una nota stonata: nel testo che il bambino stava imparando, mancava un nome specifico, un riferimento cruciale che per tradizione aveva sempre legato la canzone al Natale cristiano.

La parola Gesù era svanita. Dietro questa assenza inattesa, si celava una decisione ponderata e intenzionale della dirigente scolastica: rielaborare il testo del brano per eliminare ogni connotazione religiosa esplicita, trasformandolo in un canto di festa universale. L’obiettivo dichiarato era garantire il rispetto e l’inclusione di tutti gli alunni e delle loro famiglie, in nome di una laicità scolastica che mira ad accogliere ogni credo, o la sua assenza. Questa scoperta ha immediatamente acceso un faro su una questione delicatissima, destinata a superare i confini della singola istituzione educativa e a sollevare un dibattito di portata nazionale.

Il principio di laicità e l’inclusione scolastica

Il cuore del dibattito tocca il principio di laicità che informa l’istituzione scolastica statale italiana. Se da un lato è innegabile che il Natale, nella tradizione occidentale e italiana, possieda radici cristiane profonde, dall’altro, la scuola ha il dovere costituzionale di essere un ambiente neutrale e inclusivo per tutti i suoi frequentatori. L’intervento sul testo di Jingle Bells, che di per sé è già un canto con una melodia molto più legata alla celebrazione invernale e festiva generica che non alla liturgia religiosa, mira a decontestualizzare il brano, rendendolo fruibile come un semplice augurio di gioia e serenità.

Eliminando il riferimento, la dirigente ha voluto agire pragmaticamente per non creare potenziali situazioni di disagio o esclusione per i bambini che non si riconoscono nel credo cristiano. Questo atto, da parte di alcuni criticato come una forma di eccessivo politically correct o come una cancellazione culturale, è difeso dai sostenitori dell’inclusione come un necessario passo verso l’adattamento delle pratiche educative alla realtà demografica e culturale contemporanea del Paese. La scuola, in questa prospettiva, non rinuncia alla festa, ma ne modifica il linguaggio per renderla universalmente condivisibile. La vicenda si configura come un sintomo della complessa negoziazione tra l’identità culturale maggioritaria e le istanze di una società sempre più pluralista.

Analisi della tradizione e del simbolismo natalizio

È fondamentale riconoscere che molti elementi della tradizione natalizia hanno subito nel tempo un processo di secolarizzazione e commercializzazione. Canti come Jingle Bells, sebbene scritti in un contesto culturale permeato dal cristianesimo, oggi sono universalmente associati a immagini di neve, slitte, renne e allegria conviviale, elementi che trascendono la narrazione strettamente teologica. L’operazione di rielaborazione del testo si inserisce proprio in questa dinamica: si estrae la funzione sociale e aggregativa della festa, separandola dal suo specifico significato dottrinale. La contestazione, tuttavia, sorge quando si percepisce che l’atto di “ripulire” il testo dai riferimenti religiosi possa sminuire o negare l’origine stessa della festività per la maggioranza della popolazione. Molti genitori e figure pubbliche hanno espresso preoccupazione che, nel tentativo di non offendere nessuno, si finisca per impoverire il patrimonio culturale che la scuola è chiamata a tramandare. La ricerca di un equilibrio tra rispetto delle minoranze e valorizzazione delle tradizioni storiche è il vero nodo gordiano che la società deve sciogliere per affrontare la complessità del fenomeno.

La reazione della comunità e il dibattito pubblico

La scoperta di questa madre ha innescato una reazione a catena nel dibattito pubblico, coinvolgendo politici, intellettuali e opinionisti. Le posizioni si sono polarizzate tra chi ha lodato la dirigente per il suo coraggio e la sua sensibilità interculturale, vedendo nel gesto un esempio di modernità inclusiva, e chi ha denunciato una deriva ideologica che minaccia l’identità nazionale. L’istituto comprensivo è diventato, inaspettatamente, il palcoscenico di una discussione più ampia sulla natura del Natale nella scuola pubblica del XXI secolo. La dirigente ha difeso la sua posizione richiamando l’importanza di un clima di serenità e di accoglienza totale, sottolineando che l’obiettivo non era censurare, ma adattare. D’altra parte, i critici hanno sollevato il quesito se l’eliminazione dei riferimenti non rappresenti, di fatto, un’ingerenza nella libertà di espressione religiosa, chiedendosi perché non si possa semplicemente affiancare il canto tradizionale a iniziative che celebrino le diverse tradizioni presenti nella comunità scolastica, anziché modificarne il contenuto. La complessità della decisione e l’intensità della risposta pubblica dimostrano quanto sia delicato il bilanciamento tra identità, fede e inclusione nella gestione quotidiana delle istituzioni educative. Questo caso resterà un importante punto di riferimento per le future discussioni sulle politiche scolastiche in materia di festività.

Le implicazioni per il futuro dell’educazione

La riscrittura di un inno festivo popolare solleva interrogativi significativi sul ruolo dell’educazione nel plasmare la coscienza civica e culturale delle nuove generazioni. La scuola deve essere un luogo dove la diversità non è solo tollerata, ma attivamente celebrata. Tuttavia, il modo in cui questa celebrazione avviene è cruciale. L’opzione di omogeneizzare le tradizioni per evitare frizioni è una via, ma non l’unica. Un approccio alternativo, spesso suggerito, è quello di sfruttare le festività come opportunità di apprendimento interculturale, spiegando le origini storiche e religiose del Natale cristiano, affiancandole alla presentazione delle festività di altre fedi e delle tradizioni laiche, in un’ottica di arricchimento reciproco. L’episodio del canto modificato mette in luce la necessità di linee guida più chiare a livello ministeriale che possano aiutare i dirigenti scolastici a navigare queste acque complesse, garantendo allo stesso tempo la libertà di insegnamento, il rispetto delle sensibilità individuali e la preservazione del patrimonio storico-culturale del Paese. Il dibattito è quindi un catalizzatore per una riflessione più ampia sulla definizione di una scuola veramente inclusiva nel contesto di una società in rapida evoluzione.

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