
La scomparsa di una figura leggendaria come Nicola Pietrangeli, pilastro e vero apripista del tennis italiano, ha inevitabilmente generato un’ondata di commozione e ricordi nel mondo sportivo e non solo. Tuttavia, in questo coro di omaggi, si avverte un’assenza particolarmente notevole: quella di Jannik Sinner, l’attuale numero 2 al mondo e l’erede designato della racchetta azzurra.
A ore di distanza dalla triste notizia, il giovane campione altoatesino non ha ancora diffuso alcun messaggio, neppure un semplice cenno sui suoi canali social, per onorare la memoria di colui che è stato il primo grande campione del tennis italiano. Questo silenzio ha sollevato interrogativi e ha dato il via a diverse speculazioni, alimentando il dibattito tra chi cerca spiegazioni pragmatiche e chi invece richiama alla memoria un rapporto complesso tra i due fuoriclasse.
Il possibile isolamento vacanziero
Una delle spiegazioni più immediate e, per certi versi, più rassicuranti per il campione, è legata alla sua attuale situazione personale. Sinner, reduce dalla storica vittoria alle ATP Finals, ha scelto di staccare completamente la spina dal mondo del tennis e dai riflettori. Dal 17 novembre, il giorno successivo al suo trionfo, l’altoatesino è scomparso dalla scena mediatica, non essendo più attivo sui social media. La sua destinazione, secondo quanto riportato, sono le Maldive, dove si starebbe godendo un meritato periodo di riposo al fianco della fidanzata Laila Hasanovic. In questo scenario, il silenzio di Sinner non sarebbe una scelta deliberata, ma la conseguenza di un telefono spento e di una volontà ferrea di isolarsi dalle notizie per ricaricare completamente le energie in vista della prossima stagione, che lo vedrà impegnato già a gennaio. In pratica, le informazioni sulla scomparsa del grande Pietrangeli potrebbero semplicemente non averlo ancora raggiunto, rendendo il suo silenzio un fatto meramente logistico.
Le divergenze e gli attriti del passato
D’altro canto, la teoria del “telefono spento” vacilla leggermente se confrontata con il comportamento di altri tennisti italiani. Molti suoi colleghi, pur essendo anch’essi in vacanza in diverse parti del mondo, hanno trovato il tempo e il modo di dedicare a Pietrangeli almeno una storia su Instagram o un breve pensiero sui social. Questo ha spinto i commentatori e i fan più critici a indagare nel passato del rapporto tra Sinner e Pietrangeli, un legame che non è sempre stato improntato alla reciproca stima pubblica. I più velenosi tra gli osservatori non hanno mancato di ricordare come, in diverse occasioni, il leggendario Pietrangeli abbia mosso critiche, talvolta aspre, nei confronti dell’altoatesino. Un episodio significativo fu il commento sulla mancata partecipazione di Sinner alla Coppa Davis, un evento che Pietrangeli considerò un grande schiaffo al mondo sportivo italiano, affermando che il giovane dovesse solo pensare a giocare a tennis e non a fare la guerra.
La battuta velenosa e il riconoscimento sincero
Il rapporto tra i due campioni è stato ulteriormente complicato da una battuta che, pur essendo stata inquadrata nel contesto di un’intervista, ha lasciato un segno. Quando, un anno fa, Pietrangeli aveva negato di provare invidia per Sinner in un’intervista all’Adnkronos, non aveva potuto fare a meno di aggiungere una frecciata leggermente acida, definendo Sinner il miglior tennista italiano di tutti i tempi, e forse pure austriaco, alludendo in modo sarcastico alle sue origini altoatesine al confine. Nonostante questi episodi di tensione e le palesi divergenze di vedute, soprattutto sulla gestione della carriera e le scelte di calendario, bisogna ricordare che Pietrangeli è sempre stato il primo ad alzarsi in piedi per riconoscere il puro talento di Sinner quando si trattava di analizzare le sue prestazioni in campo. Le sue parole di elogio, come il commento secondo cui questo ragazzo non lo battono, è sempre perfetto, testimoniano un riconoscimento sincero delle sue abilità tecniche e della sua straordinaria regolarità. Il silenzio di Sinner rimane, per ora, un mistero sospeso tra la quiete delle Maldive e la memoria di un rapporto tanto controverso quanto significativo per la storia del tennis azzurro.


