
In un clima politico sempre più incandescente, le parole di Giuseppe Conte a DiMartedì hanno scatenato un vero e proprio terremoto, trasformando un invito mancato in un attacco frontale alla Presidente del Consiglio. L’ex premier, con la sua calma apparente ma una determinazione d’acciaio, ha riaperto la ferita di Atreju, l’evento della destra dove Giorgia Meloni aveva lanciato l’invito a lui ed Elly Schlein per un dibattito a tre.
Secondo Conte, quell’occasione persa avrebbe potuto essere un momento di pura verità politica, di trasparenza che oggi, a suo dire, manca disperatamente. Ricordando i fatti, ha ribadito: «Io le posso dire che abbiamo perso l’occasione, io ho dato la disponibilità». Il leader del Movimento 5 Stelle ha sottolineato come la loro partecipazione avrebbe potuto sopperire a quelle conferenze stampa che, a suo parere, Meloni evita con ostinazione.
Conte a DiMartedì: l’invito mancato e le accuse
Un’arena perfetta per incalzarla, per chiedere conto dei numeri e smontare quella che definisce la narrazione troppo ottimistica del governo. Ed è qui che arriva l’affondo più duro: l’accusa che l’esecutivo sfugga volontariamente al confronto diretto, preferendo una comunicazione blindata e un controllo ferreo su ogni messaggio politico.
L’ex avvocato del popolo ha poi alzato il tiro, puntando il dito su un sistema mediatico che, a suo avviso, favorirebbe la presidente del Consiglio. «Invidio un buon 80% dei media a suo favore». Una dichiarazione che suona come una resa dei conti personale, ricordando i tempi del suo mandato, quando la pressione mediatica era ben diversa. Oggi, invece, Conte sostiene che Meloni si vanterebbe persino con Donald Trump di poter evitare la stampa, circondata com’è da «tanti trombettieri» pronti a diffondere solo il messaggio rassicurante da Chigi.
Il dominio di Fratelli d’Italia e la sfida del M5S
Solo nella seconda parte dell’intervista, Conte ha spostato il focus sugli equilibri interni al centrodestra e all’area progressista, analizzando i sondaggi presentati in studio. A suo parere, la crescita inarrestabile di Fratelli d’Italia avrebbe ormai relegato Lega e Forza Italia a ruoli quasi inesistenti, consolidando una leadership indiscussa all’interno della coalizione. Un dominio, però, che non trova riscontro nel fronte opposto, dove i dati sulla capacità di espansione dei partiti raccontano una storia completamente diversa.
Ed è qui che Conte ha inserito il suo asso nella manica, rivendicando la vitalità e la forza del Movimento 5 Stelle. I numeri, ha spiegato, mostrano il M5S come la forza progressista con il maggiore potenziale di crescita.
Il futuro del progressismo passa dal Movimento 5 Stelle
Una constatazione che non solo alimenta le ambizioni dei pentastellati, ma che, nelle sue intenzioni, potrebbe rappresentare il punto di partenza per un percorso ben più ampio a beneficio dell’intera coalizione. Il messaggio tra le righe è cristallino: per Conte, il futuro dello schieramento progressista dipende in gran parte dalla centralità del suo Movimento.
L’intervento del leader M5S, quindi, non è stato solo un attacco frontale al governo, ma un vero e proprio tentativo di ridisegnare il campo politico, proponendo una visione in cui Meloni appare isolata nella sua gestione del potere e in cui il Movimento rivendica il ruolo di motore principale dell’alternativa. Un racconto che accende il dibattito e che, inevitabilmente, prepara il terreno a nuove, emozionanti, schermaglie politiche nelle settimane a venire.


