
Dopo sei anni di angosciosa incertezza, è giunta una triste e drammatica svolta nelle indagini sulla scomparsa di Vito Mezzalira, l’ex dipendente di Poste Italiane di 66 anni, sparito dall’estate del 2019. I resti umani rinvenuti all’inizio del mese di novembre nel giardino della sua abitazione a Sdraussina, una frazione di Sagrado in provincia di Gorizia, sono stati ufficialmente identificati come appartenenti all’uomo. Questa corrispondenza è stata stabilita grazie alle impronte dentarie e della mandibola, come riportato dal quotidiano Il Piccolo. La conferma, sebbene attesa con apprensione, apre un nuovo capitolo nelle indagini, spostando l’attenzione dalla ricerca di un disperso all’accertamento delle responsabilità per un presunto omicidio.
L’identificazione e il dolore della famiglia
L’identificazione preliminare, ottenuta attraverso l’analisi dei resti ossei che si trovavano occultati nel giardino dell’ex postino, rappresenta una cruciale, benché sofferta, pietra miliare per la famiglia di Mezzalira. La sorella dell’uomo, Domenica Mezzalira, che per prima aveva denunciato la sparizione del congiunto e si era battuta instancabilmente per anni per ottenere verità e giustizia, ha espresso tutto il suo dolore e la sua stanchezza di fronte a quella che ha definito “una triste conferma dopo anni di menzogne“. Il suo pensiero primario, in questo momento di profonda afflizione, è quello di “avere quanto prima un luogo dove piangerlo“, un desiderio comprensibile dopo un’attesa così prolungata e straziante. Sebbene le impronte dentarie abbiano fornito una corrispondenza molto forte, l’ufficialità definitiva dell’identità avverrà solo dopo l’esito dell’autopsia.
Il ritrovamento dei resti, avvenuto a inizio novembre, è stato il risultato di una meticolosa e complessa attività investigativa. Una prima svolta si era già concretizzata con l’analisi di immagini satellitari, presumibilmente ottenute attraverso strumenti come Google Earth, che hanno evidenziato una modifica del terreno in prossimità della casa di Mezzalira. Queste immagini hanno mostrato che in un’area specifica, prima della scomparsa dell’uomo nel 2019, esisteva un pozzo, il quale, in un momento successivo alla sparizione, era stato coperto da una colata di cemento. Questo particolare ha immediatamente concentrato l’attenzione degli inquirenti su quel punto. Grazie all’impiego di tecnologie avanzate come il georadar e all’ausilio delle unità cinofile specializzate, è stato possibile localizzare con precisione il punto di interesse. Le operazioni di scavo, condotte con una pala meccanica, hanno infine portato alla luce il pozzo, profondo ben quattro metri, e al suo interno i resti ossei dell’uomo.
Gli indagati e le accuse mosse dalla procura
La svolta nell’identificazione ha un peso significativo anche sul fronte delle indagini penali. Per la scomparsa e la presunta morte di Vito Mezzalira, la Procura della Repubblica di Gorizia ha iscritto nel registro degli indagati tre persone, tutte a vario titolo collegate all’ex postino. Si tratta della sua ex convivente, Mariuccia Orlando, del fratellastro di lei, Moreno Redivo, e del figlio della donna, Andrea Piscanec, avuto da una precedente relazione. Le accuse che gravano su di loro sono estremamente gravi e concorrenti. Nello specifico, i tre sono indagati per concorso in omicidio volontario e concorso in sottrazione di cadavere. A queste si aggiunge l’accusa di truffa aggravata e continuata, in relazione al presunto ritiro della pensione di Mezzalira anche successivamente alla sua sparizione, un dettaglio che, se confermato, getterebbe ulteriore luce sulle possibili motivazioni del delitto e del successivo occultamento.
I prossimi passi: l’autopsia e gli incarichi ai periti
In attesa delle conferme ufficiali che deriveranno dall’esame autoptico, la Procura mantiene il massimo riserbo sul particolare e delicato risvolto delle indagini. L’attenzione si concentra ora sul conferimento dell’incarico per l’autopsia sui resti. Il prossimo 16 dicembre, alle ore 14:30, è stata fissata l’udienza davanti al Gip Caterina Caputo per questo adempimento cruciale. Saranno nominate come periti il medico legale Alessia Viero e l’anatomopatologa Debora Mazzarelli, a cui spetterà il compito di indicare la data e il luogo dove effettuare l’esame. L’autopsia non solo dovrà ufficializzare l’identità di Vito Mezzalira, ma sarà fondamentale per cercare di determinare la causa e l’epoca della morte, fornendo elementi essenziali per ricostruire la dinamica del presunto omicidio e sostenere le accuse mosse nei confronti degli indagati.
La vicenda di Vito Mezzalira, scomparso da Gorizia nel 2019, è stata fin dall’inizio complessa e ricca di ombre. La famiglia, in particolare la sorella Domenica, ha dovuto affrontare anni di sospetti e presunte menzogne, come testimoniato dalle sue precedenti dichiarazioni riguardo al comportamento della compagna e al presunto invio di un fotomontaggio a Natale per far credere che l’uomo fosse ancora vivo. Il ritrovamento dei resti nel giardino di casa, celati sotto una colata di cemento in un pozzo, pone la parola fine alla speranza di ritrovarlo in vita, ma al contempo rappresenta la concretizzazione degli sforzi per ottenere giustizia. L’indagine prosegue con l’obiettivo di accertare il ruolo esatto di ciascun indagato e di ricostruire con precisione cosa sia accaduto a Vito Mezzalira dopo la sua scomparsa.


