
Il delitto di Garlasco, un caso di cronaca nera che ha scosso l’Italia e continua a generare sviluppi a distanza di anni, è tornato al centro dell’attenzione con il deposito della perizia sul DNA ritrovato sotto le unghie della vittima, Chiara Poggi. La notizia, diffusa il 3 dicembre 2025, segna un momento cruciale nella nuova indagine che vede indagato Andrea Sempio.
La relazione della genetista Denise Albani, nominata nell’ambito dell’incidente probatorio dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia, Daniela Garlaschelli, è stata depositata a ridosso della scadenza fissata per il 5 dicembre, sei mesi dopo l’inizio delle analisi. Questo documento contiene gli esiti delle complesse analisi condotte sul materiale genetico repertato il 13 agosto 2007, giorno dell’omicidio della ventiseienne nella sua villetta a Garlasco. Il deposito di questa perizia innesca una nuova fase procedurale e riaccende il dibattito su un caso per cui è già stato condannato in via definitiva Alberto Stasi.
La perizia depositata e i prossimi passi
La genetista Denise Albani ha notificato il deposito della sua relazione tramite email a tutti i soggetti coinvolti: i consulenti delle difese di Andrea Sempio e di Alberto Stasi, la Procura di Pavia e i legali della famiglia Poggi. L’atto formale non è stato notificato via PEC, ma l’informazione è stata immediatamente disponibile. L’attenzione si sposta ora sulla prossima data fondamentale: l’udienza fissata per il 18 dicembre. In quella sede, tutte le parti processuali avranno l’opportunità di confrontarsi e discutere ufficialmente i risultati degli esami eseguiti durante l’incidente probatorio. Oltre al DNA trovato sotto le unghie di Chiara, saranno discussi anche gli esiti delle analisi sulla spazzatura rinvenuta nella villetta, un elemento mai analizzato nei diciotto anni precedenti. I legali dell’indagato, tra cui l’avvocata Angela Taccia, hanno preferito non rilasciare dichiarazioni immediate, in attesa di poter esaminare a fondo il contenuto dell’elaborato scientifico appena depositato.
Il controverso profilo genetico
Il focus principale della perizia è il materiale biologico rinvenuto sulle unghie di Chiara Poggi, una traccia che potrebbe fornire elementi determinanti per l’indagine in corso. Nei giorni precedenti il deposito, alcune anticipazioni avevano suggerito una compatibilità “altamente attendibile” tra la linea maschile della famiglia Sempio e il profilo genetico parziale, composto da 12 marcatori su 16, isolato in particolare su un dito della vittima. Per la Procura di Pavia e per i Carabinieri, questo elemento, se confermato e interpretato come prova, si aggiungerebbe ad altri indizi già considerati gravi a carico di Andrea Sempio, come alcune telefonate notturne effettuate a casa Poggi e un presunto finto alibi legato allo scontrino di un parcheggio.
Le posizioni della difesa e l’interpretazione dei dati
La difesa di Andrea Sempio ha però espresso scetticismo riguardo alla forza probatoria di tali risultati. I consulenti di parte, Armando Palmegiani e Marina Baldi, sostengono che i dati siano “non particolarmente forti” a livello statistico. Le loro riserve riguardano la natura stessa del campione di DNA, descritto come “degradato, parziale, misto e non consolidato”. La difesa solleva, inoltre, il cruciale tema del “trasferimento” del profilo genetico: secondo la loro interpretazione, la traccia potrebbe non derivare da un “contatto diretto” tra vittima e indagato, ma essere stata trasferita sulla scena del crimine in modo indiretto. È fondamentale sottolineare che, anche accettando i risultati come corretti, i difensori ricordano che la perita ha già chiarito che non si tratta di una “comparazione individualizzante”. Questo significa che la traccia non può essere attribuita con certezza assoluta ad Andrea Sempio come singolo individuo, ma unicamente alla sua linea familiare.
Il precedente del 2014 e le vecchie archiviazioni
Le obiezioni sulla debolezza scientifica del materiale genetico non sono nuove in questo caso. I consulenti della famiglia Poggi, Marzio Capra e Dario Redaelli, pur nel loro ruolo, avevano in precedenza concordato sul fatto che un risultato ottenuto “in condizioni di criticità e non è consolidato” non potesse costituire un “dato scientifico attendibile”. È un richiamo diretto a quanto accadde nel 2014. In quell’anno, il genetista Francesco De Stefano, perito della Corte d’Appello bis che aveva in seguito portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi, aveva analizzato lo stesso materiale genetico e lo aveva dichiarato “non consolidato” e non comparabile. Quell’analisi di De Stefano aveva costituito la base scientifica per la prima archiviazione dell’indagine su Andrea Sempio, richiesta nel 2017 dall’allora procuratore aggiunto Mario Venditti, che oggi si trova egli stesso coinvolto in un’indagine per corruzione in atti giudiziari. Il deposito della nuova perizia riapre quindi una complessa discussione sulla validità e l’interpretazione del DNA parziale e sulla sua capacità di ribaltare o influenzare gli esiti di un caso giudiziario così delicato e mediaticamente esposto. L’udienza del 18 dicembre sarà il primo banco di prova per comprendere l’effettivo peso processuale di questi nuovi, controversi, risultati.


