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Alla fine del 2015 era tornato libero dopo aver scontato cinque anni per favoreggiamento alla mafia, ma per Salvatore “Totò” Cuffaro si riaprono ora le porte della detenzione. L’ex governatore della Sicilia è finito agli arresti domiciliari con le accuse di corruzione e traffico di influenze, nell’ambito dell’inchiesta dei carabinieri del Ros su appalti e nomine nella sanità regionale. A disporre la misura è stata la gip Carmen Salustro, accogliendo in larga parte la richiesta della procura guidata da Maurizio de Lucia.
Nell’ordinanza, la giudice definisce Cuffaro un uomo capace di sfruttare «con pervicacia e spregiudicatezza» il potere politico «da più parti riconosciutogli». Non basta, secondo la gip, il fatto che si sia dimesso dalla guida della nuova Democrazia Cristiana: il rischio che possa reiterare condotte analoghe resta «elevato», anche grazie alla vasta rete di relazioni politiche e istituzionali che continua a vantare.
Pur escludendo un’associazione a delinquere, la gip sostiene che Cuffaro abbia «costantemente posto in essere un metodo» orientato alla realizzazione dei propri interessi. Per i pm palermitani, l’ex governatore avrebbe costruito un vero e proprio sistema di condizionamento capace di incidere sulla sanità pubblica, sui consorzi di bonifica e sulla protezione civile, con logiche clientelari tese ad ampliare il bacino elettorale del suo partito.
Ipotesi di corruzione per un concorso
L’ipotesi di corruzione riguarda un concorso per 15 posti da operatore socio-sanitario all’ospedale Villa Sofia: Cuffaro avrebbe tentato di piazzare propri candidati grazie alla collaborazione dell’ex manager Roberto Colletti e del primario Antonio Iacono, anch’essi ai domiciliari. Il suo segretario Vito Raso è accusato di aver fornito in anticipo le tracce delle prove ai partecipanti. Per lui è scattato l’obbligo di firma quotidiano in caserma.
Il filone sul traffico di influenze riguarda invece il sostegno che Cuffaro avrebbe offerto ai rappresentanti della società Dussmann in una gara dell’Asp di Siracusa. In questa parte dell’indagine è coinvolto anche il deputato Saverio Romano, coordinatore di Noi Moderati: la procura aveva chiesto i domiciliari, ma la gip ha respinto la richiesta. Stessa decisione per il deputato regionale Carmelo Pace, ritenuto vicino al “cerchio magico” di Cuffaro.
Un quadro in cui emergono anche conversazioni intercettate che suggerirebbero piani politici a lungo termine. Secondo quanto riferito da Raso a un conoscente, l’ex governatore stava valutando una candidatura alla presidenza della Regione entro tre anni: «Torneremo ad avere il pieno controllo», avrebbe detto il segretario. E nelle riunioni riservate a casa Cuffaro, un dettaglio ricorrente: prima di parlare, gli ospiti erano invitati a lasciare il telefonino in un’altra stanza.




