
La Procura di Milano ha finalizzato le indagini, reiterando per la seconda volta l’atto di conclusione, in relazione alla tragica morte di Ramy Elgaml. La vittima, che si trovava in sella a uno scooter TMax, ha perso la vita in seguito a un drammatico incidente stradale avvenuto al culmine di un lungo inseguimento con le forze dell’ordine, protrautosi per ben otto chilometri. Questo nuovo atto di chiusura dell’inchiesta apre la strada alla richiesta di rinvio a giudizio per omicidio stradale a carico di due figure chiave in questa vicenda complessa.
Il primo è Fares Bouzidi, che era alla guida dello scooter e che, a sua volta, è rimasto coinvolto nell’impatto fatale. Il secondo è il carabiniere che si trovava al volante dell’ultima autovettura in coda, parte del dispositivo d’inseguimento, il cui ruolo e la cui condotta sono ora sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. La determinazione della Procura a procedere per la seconda volta sottolinea la complessità del caso e la necessità di fare piena luce su tutte le responsabilità connesse.
Il contesto dell’inchiesta e i militari indagati
Il quadro accusatorio delineato dalla Procura si è ulteriormente esteso, coinvolgendo non solo i protagonisti diretti dell’incidente, ma anche altri sei militari che figurano nell’atto complessivo di conclusione indagine. Questi carabinieri sono indagati per una serie di reati che gettano un’ombra sulla gestione post-incidente e sulle presunte tentate coperture. Le accuse a loro carico sono formulate a vario titolo e includono gravi ipotesi di favoreggiamento e depistaggio. In particolare, le indagini si sono concentrate su presunte attività volte a occultare la verità, come la cancellazione di video e di file contenenti le testimonianze cruciali per la ricostruzione dei fatti. Questo aspetto investigativo evidenzia il sospetto che ci sia stato un tentativo coordinato di alterare o nascondere elementi di prova che avrebbero potuto chiarire le dinamiche esatte dell’accaduto e le responsabilità individuali.
False informazioni e falsità ideologica
Oltre alle ipotesi di depistaggio materiale, alcuni dei militari indagati sono chiamati a rispondere anche dell’accusa di aver fornito false informazioni ai pubblici ministeri (pm) durante le fasi iniziali e successive dell’inchiesta. La veridicità delle dichiarazioni rese alle autorità inquirenti è un elemento fondamentale per l’accertamento della verità, e l’eventuale dimostrazione di menzogne o omissioni costituirebbe un’aggravante significativa nel contesto giudiziario. A ciò si aggiunge l’accusa di falso ideologico, che riguarda specificamente il verbale d’arresto redatto nei confronti di Fares Bouzidi, lo scooterista sopravvissuto. Il verbale in questione attestava l’accusa di resistenza e l’eventuale falsità nel contenuto di un atto pubblico come questo, se confermata, rappresenterebbe un’infrazione particolarmente grave, minando la fiducia nell’operato delle forze dell’ordine e nella correttezza delle procedure.
La posizione del carabiniere alla guida
Il carabiniere che era alla guida dell’ultima auto inseguitrice riveste una posizione processuale particolarmente delicata e complessa, essendo l’unico ad essere coinvolto per più capi d’accusa tra i più gravi. Come accennato, è accusato in primis di omicidio stradale per la morte di Ramy Elgaml. Tuttavia, l’imputazione a suo carico non si ferma qui. Egli figura tra coloro che devono rispondere anche dell’accusa di falso ideologico relativa al verbale d’arresto per resistenza di Bouzidi, a dimostrazione che il suo coinvolgimento non si limiterebbe alla dinamica diretta dell’incidente. A complicare ulteriormente la sua posizione, il militare è anche accusato di lesioni nei confronti dello stesso Fares Bouzidi, in relazione alle ferite riportate da quest’ultimo a causa dell’incidente. Questo spettro di accuse, che va dalla responsabilità per la morte di una persona alla manipolazione di atti pubblici e alle lesioni personali, rende la sua figura centrale e la sua difesa estremamente impegnativa nel futuro dibattimento processuale. La Procura di Milano, con la chiusura di questa seconda fase d’indagine, ribadisce la volontà di procedere con un processo articolato per definire tutte le responsabilità penali emerse in questa tragica e controversa vicenda.


