
Nuovi sviluppi sul caso di Liliana Resinovich, con il fratello Sergio Resinovich che ha presentato una querela contro l’ex ristoratore triestino il quale, di recente, ha raccontato di aver consegnato alla donna «due sacchi neri della spazzatura» poco prima della scomparsa. Un’affermazione che, secondo Sergio, si inserirebbe in un quadro di testimonianze tardive e sospette, emerse solo negli ultimi anni e considerate parte di un disegno volto a confondere le indagini. Liliana, 63 anni, era sparita il 14 dicembre 2021 ed era stata trovata morta il 5 gennaio 2022 nel parco dell’ex Opp di San Giovanni.
L’ombra di una regia dietro le testimonianze
Sergio Resinovich non usa mezzi termini e denuncia un possibile tentativo di depistaggio: «La domanda che mi pongo è: perché adesso? Perché tutte queste persone parlano solamente ora?», ha dichiarato. Il riferimento è alle dichiarazioni dell’ex ristoratore, arrivate a distanza di sei anni, ma anche a quelle del preparatore anatomico Giacomo Molinari, che aveva ammesso di aver rotto una vertebra durante la prima autopsia, e della titolare del negozio di telefonia dove Liliana avrebbe dovuto recarsi il giorno della scomparsa. «Queste storie emergono sempre quando la Procura dispone accertamenti su Visintin», aggiunge Sergio, convinto che dietro queste versioni ci sia una «regia comune» per proteggere Sebastiano Visintin, marito della donna e oggi indagato per omicidio.

Secondo il fratello, il tempismo non è casuale: «Il racconto dell’ex ristoratore è arrivato quando la Cassazione ha respinto la terza perizia medico-legale. Dopo il lavoro della dottoressa Cattaneo, cos’altro avrebbe potuto aggiungere una perizia di parte?».
Una salma ancora senza sepoltura
Sergio denuncia anche una situazione che definisce «disumana»: il corpo di Liliana, riesumato nel febbraio 2024 per nuovi accertamenti, non è mai stato restituito alla famiglia. «È ancora in una cella frigorifera a Milano. Non possiamo neppure portarle un fiore», afferma. Una condizione che, a suo dire, alimenta una sofferenza già insostenibile, aggravata da quelle che definisce «esternazioni da cabaret» di alcuni testimoni.
Attese le perizie sui cordini dei sacchi
Nel marzo 2026 i familiari potranno finalmente visionare gli esiti della perizia sui cordini dei sacchi della spazzatura in cui il corpo di Liliana era avvolto. «Sul resto non sappiamo nulla, è ancora tutto secretato. Alla soglia del 2026 vogliamo solo la verità, non risposte di comodo», sottolinea Sergio. Una richiesta che, dopo più di quattro anni di inchieste e ipotesi contrapposte, resta ancora senza risposta.


