
La ferma determinazione della Russia a prendere il pieno controllo dell’intera regione del Donbass, sia attraverso un accordo negoziato sia mediante l’uso della forza militare, è stata ribadita con assoluta chiarezza dal presidente Vladimir Putin. Queste dichiarazioni, rilasciate durante un’intervista al canale mediatico indiano India Today, sottolineano la posizione intransigente di Mosca riguardo al futuro di questo territorio orientale dell’Ucraina, una regione che la Russia considera strategicamente vitale e che ha parzialmente annesso dopo referendum non riconosciuti dalla maggioranza della comunità internazionale. La retorica di Putin non lascia spazio a interpretazioni intermedie: l’obiettivo di Mosca è la completa “liberazione” del Donbass, un termine che nel contesto russo significa l’eliminazione della presenza militare e amministrativa ucraina.
Il bivio strategico di Putin
Il presidente russo ha presentato quello che può essere interpretato come un bivio strategico per l’Ucraina e per la risoluzione del conflitto in quella zona. Non si tratta semplicemente di una questione territoriale, ma è incorniciata in una narrazione di protezione e salvaguardia della popolazione russofona. Putin ha esposto due scenari, entrambi culminanti con il controllo russo del Donbass. Il primo scenario prevede la “liberazione di questi territori con la forza delle armi”, una continuazione diretta e intensificata dell’attuale operazione militare, finalizzata a sconfiggere e allontanare le forze armate ucraine. Questo percorso è quello che finora ha definito la fase principale del conflitto. Il secondo scenario, invece, sebbene apparentemente più pacifico, è formulato come un ultimatum: le truppe ucraine dovrebbero “ritirarsi e smetteranno di uccidere la gente”. Questa formulazione carica di significato emotivo mira a giustificare le azioni russe come una risposta necessaria a una presunta aggressione e violenza da parte delle forze di Kiev contro i residenti del Donbass, un’accusa che l’Ucraina e i suoi alleati occidentali respingono categoricamente. In entrambi i casi, l’esito desiderato è lo stesso: l’uscita dell’Ucraina dal Donbass e l’affermazione del dominio russo.
La motivazione retorica
La dichiarazione si basa su una potente motivazione retorica che è stata centrale nella propaganda del Cremlino fin dall’inizio del conflitto. L’uso del verbo “uccidere” in riferimento alle azioni delle truppe ucraine serve a demonizzare l’avversario e a presentare l’intervento russo non come un atto di aggressione, ma come un imperativo umanitario. Questa retorica è fondamentale per mantenere il sostegno interno e per influenzare l’opinione pubblica globale, in particolare in paesi come l’India, dove l’intervista è stata rilasciata, che hanno mantenuto una posizione di non allineamento e che sono partner strategici di Mosca. Il concetto di “liberazione” si contrappone alla narrativa occidentale di “invasione” e cerca di legittimare il cambio di status quo territoriale come una necessità storica e morale. La questione del Donbass non è, secondo questa visione, una semplice disputa di confine, ma una missione di salvataggio per una popolazione sotto assedio, un elemento narrativo cruciale che eleva il conflitto a una dimensione più profonda e, nelle intenzioni di Putin, più giustificabile.
L’impatto sul negoziato
Le parole di Putin hanno un peso significativo sul tavolo negoziale, per quanto questo sia al momento quasi inesistente. Ribadire che il controllo totale del Donbass è un obiettivo non negoziabile da parte russa mina alla base qualsiasi tentativo di mediazione che possa prevedere il mantenimento della sovranità ucraina sui territori contesi. Questo irrigidimento della posizione indica che la Russia non è disposta a scendere a compromessi sulle sue conquiste territoriali e sulle sue ambizioni politiche nella regione. L’alternativa del “ritiro” delle truppe ucraine è di fatto una richiesta di capitolazione su questo fronte, un atto che Kiev ha ripetutamente escluso. Di conseguenza, le dichiarazioni del leader russo suggeriscono che la via militare rimane, agli occhi del Cremlino, la più probabile e forse l’unica strada efficace per raggiungere il suo obiettivo strategico finale. Qualsiasi futura trattativa di pace dovrà inevitabilmente confrontarsi con questa linea rossa tracciata da Mosca, rendendo il percorso verso una risoluzione diplomatica estremamente arduo e altamente improbabile a breve termine, finché le dinamiche sul campo di battaglia non cambieranno drasticamente.
La prospettiva internazionale
La posizione ribadita da Putin pone i partner internazionali di fronte a un dilemma complesso. Paesi come l’India, che cercano di bilanciare le relazioni con la Russia e con l’Occidente, sono costretti ad ascoltare una spiegazione diretta degli intenti russi. La comunità internazionale, in gran parte, ha condannato l’annessione dei territori e il tentativo di modificare i confini con la forza, ma la risolutezza russa indica che le sanzioni e la pressione diplomatica non hanno ancora sortito l’effetto desiderato di far recedere Mosca dai suoi piani. Le implicazioni di questa strategia a somma zero sono vaste, influenzando non solo la stabilità dell’Europa orientale, ma anche i principi fondamentali del diritto internazionale e della sovranità statale, creando un pericoloso precedente per altre controversie territoriali globali. La dichiarazione di Putin è, in sostanza, una dichiarazione di intenti che conferma la volontà russa di portare a termine l’operazione nel Donbass a qualsiasi costo, con conseguenze profonde e durature per l’ordine mondiale.


