
Sale a sette il numero degli indagati per il tragico incidente del bus precipitato dal cavalcavia di Mestre il 3 ottobre 2023, una delle pagine più dolorose della recente cronaca veneta. La Procura di Venezia ha notificato in queste ore l’avviso di chiusura delle indagini, ipotizzando i reati di disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose.
Tra i destinatari del provvedimento non figura l’amministratore delegato della società proprietaria del mezzo, La Linea, Massimo Fiorese, la cui posizione dovrebbe avviarsi verso l’archiviazione. Un dettaglio che segna un primo snodo nell’inchiesta, concentrata soprattutto sulle presunte responsabilità amministrative interne al Comune di Venezia.
Secondo l’impianto accusatorio, i dirigenti comunali indagati avrebbero omesso i necessari controlli sul cosiddetto nuovo cavalcavia di Venezia, considerato arteria fondamentale di accesso alla città e soggetto a traffico particolarmente intenso. L’atto della Procura contesta la mancata verifica dell’efficienza tecnica della strada e delle sue barriere di sicurezza.
In particolare, viene contestato il mancato intervento sul varco del guardrail da cui il bus è precipitato, una criticità strutturale nota da tempo. Per la Procura, l’assenza di manutenzione e la mancata messa in sicurezza avrebbero contribuito in modo determinante al verificarsi della tragedia che costò la vita a 22 persone e provocò 14 feriti.

L’accusa parla di comportamenti improntati a “negligenza, imprudenza e imperizia”, sottolineando come gli indagati non avrebbero monitorato lo stato del cavalcavia né disposto interventi adeguati, nonostante la disponibilità di strumenti tecnici, giuridici e finanziari. Una condotta che avrebbe mantenuto una condizione di pericolo strutturale, in contrasto con le specifiche previste dal progetto originario del 1996.
Di fronte alla chiusura delle indagini, gli avvocati di tre dei funzionari coinvolti esprimono “meraviglia” e contestano l’impostazione accusatoria, ritenuta sbilanciata nel puntare esclusivamente sui dipendenti comunali. Sottolineano inoltre che il varco nella barriera era presente fin dagli anni ’60, un elemento che – sostengono – ridimensionerebbe il peso delle responsabilità attuali.
Gli indagati, attraverso i loro legali, rivendicano la correttezza del proprio operato e si dichiarano totalmente estranei agli addebiti. Un passaggio difensivo netto, accompagnato dalla richiesta di un esame completo e non parziale delle cause che portarono all’incidente.
Un punto particolarmente contestato dalla difesa riguarda la presunta rottura dello sterzo del bus, considerata dagli avvocati come l’innesco dell’intera dinamica. Secondo questa versione, la causa meccanica non sarebbe stata adeguatamente valutata, nonostante gli accertamenti tecnici condotti durante l’inchiesta.
I legali sottolineano infine l’anomalia dell’assenza di frenate nei 3,5 secondi successivi al primo urto contro il guardrail, elemento ritenuto incompatibile con un malore o una distrazione del conducente. Per questo chiedono che l’intera ricostruzione venga riesaminata con rigore, “nel rispetto degli indagati, delle vittime e delle famiglie”, auspicando un processo che chiarisca in modo definitivo tutte le responsabilità.


