
ROMA – Le tensioni tra Unione europea e Stati Uniti sul fronte della regolamentazione digitale si riaccendono proprio nei giorni dell’intesa sui dazi. Le interpretazioni divergenti emerse nelle ultime settimane hanno trovato un punto di rottura concreto nella maxi sanzione da 120 milioni di euro inflitta dalla Commissione a X, la piattaforma di Elon Musk, accusata di non rispettare gli obblighi imposti dal Digital Services Act. Bruxelles contesta tre aspetti chiave: il design ritenuto ingannevole della spunta blu, la scarsa trasparenza dell’archivio pubblicitario e la mancata fornitura di accesso ai dati pubblici ai ricercatori. Intanto resta aperta un’indagine parallela sul ruolo della piattaforma nella diffusione di contenuti illegali.
Sul fronte opposto, la Commissione ha chiuso con esito positivo il procedimento su TikTok, giudicando adeguate le misure presentate per rendere completamente trasparente e aggiornato l’archivio pubblicitario. Una differenza di approccio che accentua ulteriormente lo scontro politico.
Le accuse di Vance e la replica di Bruxelles
A infiammare lo scenario è intervenuto il vicepresidente americano JD Vance, che su X – nel post rilanciato dallo stesso Musk – ha accusato l’Europa di praticare “censura” e di “attaccare le aziende americane per delle sciocchezze”. Parole respinte con fermezza dalla portavoce della Commissione, Paula Pinho, che ha ribadito: «Non si tratta di censura. Su questo siamo davvero d’accordo nel non essere d’accordo. Non siamo contro nessuna azienda: il Dsa non limita i contenuti, riguarda la trasparenza».
Una puntualizzazione che conferma come il braccio di ferro non sia solo tecnico, ma profondamente politico, in un momento in cui l’Amministrazione USA e l’Ue cercano faticosamente un equilibrio nei dossier economici e tecnologici.
Perché X è accusata di violazioni gravi
Secondo l’esecutivo europeo, la possibilità di acquistare la spunta blu senza alcuna verifica dell’identità reale dell’utente costituisce una pratica ingannevole che aumenta il rischio di manipolazioni e truffe. Bruxelles contesta inoltre che il repository pubblicitario di X non sia accessibile né conforme agli standard richiesti, privando ricercatori e società civile di uno strumento essenziale per identificare campagne fuorvianti o attività coordinate ostili.
Altro punto critico riguarda l’accesso ai dati pubblici: i termini di servizio vietano ai ricercatori lo scraping e impongono procedure ritenute discriminatorie, compromettendo di fatto la possibilità di analizzare rischi sistemici nel contesto europeo.
Le prossime mosse di Musk e gli scenari possibili
Il procedimento formale, aperto il 18 dicembre 2023, ora entra nella fase decisiva. X dispone di 60 giorni per comunicare come intende eliminare le pratiche ingannevoli sulla spunta blu e di 90 giorni per presentare un piano completo sulle altre violazioni. Il Board of Digital Services avrà poi un mese per esprimere un parere, seguito dalla decisione finale della Commissione.
In caso di mancata attuazione, Bruxelles potrà imporre ulteriori penalità di mora, irrigidendo un confronto già incandescente tra Musk, Washington e le istituzioni europee.


