
Il silenzio arrivato oggi da Cogorno ha il peso delle notizie che non si vorrebbero mai raccontare. Nella sua abitazione del Levante genovese si è spento Sandro Giacobbe. Il cantautore aveva 75 anni e da anni era affetto da un tumore. Negli ultimi tempi la malattia era peggiorata e Giacobbe era supportato dall’amore dei figli Andrea e Alessandro e da quello della moglie Marina Peroni, sua compagna da oltre dieci anni.
Una fonte vicina alla famiglia ha confermato la notizia nel primo pomeriggio, chiudendo una battaglia combattuta con grande coraggio: da oltre dieci anni Giacobbe conviveva con un tumore, senza mai rinunciare alla sua naturale eleganza, alla serenità dello sguardo, alla gratitudine verso un pubblico che lo aveva accompagnato per tutta la vita. La sua voce, rimasta impressa in milioni di memorie sonore, oggi torna a occupare lo spazio che meritava: quello del ricordo collettivo, della canzone come rito e come consolazione, del tempo che non passa davvero quando le melodie restano a fare da bussola.
Per capire cosa rappresentasse davvero Giacobbe bisogna tornare ai suoi brani più iconici, scolpiti nella memoria italiana degli anni ’70 e ’80. Canzoni come Signora mia e Gli occhi di tua madre hanno popolato le hit parade per mesi, diventando inni sentimentali capaci di superare la semplice dimensione pop. In quelle melodie c’era l’Italia che cambiava, il desiderio di raccontare la vita quotidiana con una sincerità disarmante, un modo di narrare che gli ha permesso di ottenere successo non solo in Italia ma anche all’estero, dove la sua cifra stilistica veniva percepita come una forma di delicatezza rara. Giacobbe apparteneva a quella generazione di autori che non gridava, che non cercava provocazioni, che costruiva invece emozioni attraverso il dettaglio, la parola, la musicalità gentile. E proprio quella gentilezza oggi emerge con forza, trasformando la notizia della sua morte in un ritorno alle sue canzoni, ai palchi, ai festival, ai programmi tv in cui la sua presenza diventava immediatamente familiare.
Dalla musica al territorio: l’altra vita di Giacobbe
Il legame con la Riviera di Levante è stato il filo costante della sua esistenza. Dopo aver vissuto per decenni a Moneglia, negli ultimi anni si era trasferito a San Salvatore di Cogorno, cercando una dimensione più raccolta e tranquilla. Qui non era solo il cantautore amato dal pubblico: era Sandro, quello che giocava a calcio con la squadra locale, quello che partecipava alle iniziative del paese, quello che non ha mai smesso di pensarsi parte della comunità. Prima ancora della fama nazionale, proprio nei campi di provincia aveva coltivato una passione profonda per il pallone, che lo avrebbe portato fino alla Nazionale cantanti, di cui era diventato anche allenatore. Un ruolo che spiegava bene il suo carattere: discreto ma autorevole, empatico, capace di unire mondi diversi attraverso la musica e lo sport, sempre con il sorriso di chi non si è mai preso troppo sul serio pur avendo un talento evidente.
Questa radice territoriale è uno degli elementi che più hanno definito la sua popolarità. Giacobbe non era solo una voce: era un volto conosciuto, un vicino di casa, una presenza che rendeva più luminosa la quotidianità della Riviera. Chi lo incontrava nei bar del lungomare o durante una partita della squadra locale ne racconta ancora oggi la normalità, la leggerezza, la capacità di ascoltare gli altri. Per questo la notizia della sua morte ha colpito la comunità con un sentimento che va oltre la semplice perdita di un artista: è la scomparsa di un pezzo della propria identità, di un compagno di viaggio che ha attraversato quarant’anni di vita pubblica senza mai lasciarsi trascinare dal protagonismo o dalle mode.
La traccia che resta
Sandro Giacobbe lascia la moglie e i figli Andrea e Alessandro, ma lascia soprattutto un’eredità musicale che continuerà a vivere nelle generazioni che hanno incrociato le sue canzoni e in quelle che le scopriranno. La sua parabola artistica racconta un’Italia che sapeva essere romantica senza essere melensa, popolare senza essere banale, internazionale senza perdere il dialetto emotivo del Paese. Oggi che la sua voce si è fermata, quelle melodie tornano a circolare come un ringraziamento spontaneo: non solo per la bellezza dei brani, ma for the coerenza di una vita trascorsa senza mai tradire il proprio stile.
Se la musica serve a custodire ciò che il tempo porta via, Giacobbe ha già vinto la sua ultima sfida. Le sue canzoni continueranno a parlare per lui, con quella dolcezza senza tempo che oggi ha un sapore ancora più profondo.


