
Il pendolo della pazienza di Donald Trump sulla guerra in Ucraina torna a oscillare verso la sua inclinazione originaria, quella favorevole a Putin. L’ultimo segnale è la sospensione di alcune sanzioni contro la compagnia petrolifera Lukoil, una decisione emersa proprio mentre il suo emissario Steve Witkoff e il genero Jared Kushner incontravano a Miami il capo negoziatore ucraino Rustem Umerov. L’obiettivo del colloquio: informarlo del muro incontrato al Cremlino durante la visita di martedì. Un gesto interpretato in Europa come un allarme, tanto che il presidente francese Macron ha manifestato ai leader Ue il timore che Washington possa “tradire” Kiev in nome dei propri interessi.
Secondo Trump, Witkoff e Kushner avrebbero avuto «l’impressione che Putin voglia davvero porre fine alla guerra», nonostante il leader del Cremlino abbia respinto le modifiche al piano di resa elaborato da Washington in 28 punti. La sospensione parziale delle sanzioni consente alle stazioni di servizio Lukoil fuori dalla Russia di continuare a operare: un gesto simbolico, ma che allontana Trump dalla linea dura e dal pressing su Mosca, mentre – coincidenza inquietante – i media irlandesi rivelano l’avvistamento di cinque droni che avrebbero seguito l’aereo di Zelensky in arrivo a Dublino.
Macron e i timori europei: “Gli Usa potrebbero cedere sul territorio”
Secondo una trascrizione pubblicata da Der Spiegel, Macron avrebbe avvertito che gli Usa potrebbero essere pronti a cedere sul tema territoriale, aprendo scenari pericolosi per Kiev: «C’è la possibilità che tradiscano l’Ucraina», avrebbe detto il presidente francese, parlando di «grande pericolo» per Zelensky.
Alla telefonata partecipavano anche il cancelliere tedesco Merz, il segretario generale della Nato Rutte e lo stesso presidente ucraino. L’Eliseo smentisce l’uso del termine “tradimento”, ma la preoccupazione resta palpabile in tutta l’Unione Europea.
Macron ha poi ribadito il messaggio direttamente al presidente cinese Xi Jinping durante la sua visita a Pechino: un pressing continuo affinché la Cina eserciti un’influenza su Mosca per un possibile cessate il fuoco. Xi ha risposto con formule già note: sostegno agli sforzi di pace, ma nessun impegno concreto.
Gli Usa tra interessi economici e diffidenza militare
Gli interessi economici restano centrali nella strategia di Trump, determinato a presentarsi come il presidente che può riportare la stabilità globale anche attraverso concessioni pragmatiche. Ma il mondo militare americano resta scettico: il comandante Nato Alexus Grynkewich ha sottolineato che l’Alleanza è pronta a reagire, «creando problemi alla Russia se Mosca ne creasse a noi». Una linea che riecheggia gli avvertimenti del generale Giuseppe Cavo Dragone, convinto della necessità di mantenere alta la pressione militare e diplomatica.
Mentre i negoziati paralleli sembrano procedere in direzioni contrastanti, resta una certezza: la guerra in Ucraina è ormai diventata il terreno su cui si misurano non solo la resistenza di Kiev, ma anche le ambizioni geopolitiche di Washington, Mosca, Pechino e dell’intera Europa. In questo scenario, il gesto di Trump verso Lukoil appare come un segnale che potrebbe cambiare gli equilibri — e forse anche le alleanze — nei mesi decisivi che attendono il conflitto.


