
L’Aeronautica italiana e il mondo dell’aviazione salutano una protagonista assoluta della storia del volo. La scomparsa di Fiorenza de Bernardi, avvenuta all’età di 97 anni, chiude un capitolo segnato da conquiste e determinazione. La sua lunga vita, trascorsa tra hangar e piste di decollo, ha lasciato un’eredità che continua a ispirare. Per lei volare non era solo una professione: era un modo per dimostrare che il talento non ha genere e che le barriere possono essere abbattute con coraggio e passione.
Dotata di un carattere deciso, ha sostenuto per tutta la carriera la presenza femminile nel settore, difendendo l’idea che nei cieli non esistano limiti per chi ha competenza e dedizione. La sua voce ha accompagnato generazioni di giovani donne, offrendo un esempio di autonomia e rigore.
Il percorso pionieristico

Il mondo dell’aviazione ricorda i suoi settemila voli e la capacità di affrontare anche situazioni complesse, come gli atterraggi d’emergenza che hanno segnato alcune tappe della sua attività. L’associazione Donne dell’Aria, da lei fondata, ha annunciato la scomparsa con un messaggio affettuoso, confermato anche da persone a lei vicine, ricordandola come una guida e una presenza costante per chi voleva entrare in questo settore.
Nata a Firenze, figlia del celebre aviatore Mario de Bernardi, scoprì la passione per il volo fin da giovane. A 23 anni affrontò il suo primo volo in solitaria, un passaggio che la portò nel 1967 a diventare la prima donna pilota di linea in Italia con la compagnia Aeralpi, attiva sulle tratte tra Milano, Cortina e Venezia. La sua carriera si contraddistinse subito per precisione, concentrazione e una profonda conoscenza tecnica.
I traguardi internazionali e le difficoltà

Nel 1969, con Aertirrena, divenne comandante, ancora una volta la prima donna italiana in quel ruolo. Il suo profilo professionale si arricchì ulteriormente nel 1971 con una missione in Australia, dopo un lungo viaggio attraverso Turchia, Iran, India, Birmania, Thailandia, Singapore e Bali. Nel 1980 partecipò a un concorso di Alitalia, confermando la volontà di continuare a spingersi oltre i confini abituali.
Nel 1985 un incidente stradale la costrinse a lasciare la cabina di pilotaggio. Negli anni successivi preferì non viaggiare nemmeno come passeggera, spiegando che non voleva essere trasportata: desiderava essere lei a condurre in quota chi la seguiva. In occasione dei 90 anni, però, tornò ai comandi grazie a un simulatore di Alitalia.
L’eredità di una vita dedicata al volo
Nel corso della carriera ha pilotato numerosi aeromobili, dal Twin Otter allo Yak-40, fino al quadrimotore DC-8. Raccontava che il padre, suo istruttore, le insegnava a percepire l’aereo senza affidarsi solo agli strumenti, chiudendo apposta alcuni indicatori durante gli esercizi. Restano celebri gli episodi dell’atterraggio nel giardino dell’ambasciatore sovietico a Roma o della discesa d’emergenza sull’Adamello, dove trascorse la notte in un igloo improvvisato insieme a un altro aviatore.
La sua storia familiare è legata all’aviazione anche grazie alla madre, Maria Vittoria Falorsi, crocerossina e appassionata di aerei, capace di riconoscerli dal suono dei motori. Con la stessa determinazione Fiorenza affrontò un ambiente dominato dagli uomini, arrivando persino a pretendere la gonna nella divisa per rendere evidente la presenza femminile ai comandi. Negli anni successivi alla fine della sua attività di volo, si dedicò a sostenere le donne nell’aviazione, ancora oggi minoranza con una presenza pari al 6% dei piloti di linea.
La morte di Fiorenza de Bernardi chiude una vita straordinaria, ma lascia un esempio luminoso di competenza, coraggio e determinazione, un patrimonio che continuerà a essere un punto di riferimento per chi guarda al cielo come a un orizzonte possibile.


