
Un violento raid ha scosso la città di Kalogi, nel cuore del Kordofan sudanese, dove un attacco con droni ha colpito un asilo nido provocando una delle stragi più gravi dall’inizio del conflitto civile. Secondo le prime ricostruzioni, almeno 50 persone avrebbero perso la vita, tra cui 33 bambini, travolti dall’esplosione mentre si trovavano all’interno della struttura. Il bilancio, già drammatico, potrebbe aggravarsi nelle prossime ore, mentre continuano le verifiche sul posto in un’area difficilmente raggiungibile dai soccorritori.
Le responsabilità dell’attacco sono al centro di un duro scontro tra le parti in conflitto. La Rete dei Medici Sudanesi e l’esercito regolare hanno indicato come responsabili le Forze di Supporto Rapido, il gruppo paramilitare impegnato da mesi negli scontri contro le forze governative. Le accuse hanno subito alimentato nuove tensioni, aggravando un quadro già segnato da violenze diffuse e bombardamenti indiscriminati.
Accuse incrociate tra Rsf ed esercito

A pochi giorni dall’attacco di Kalogi, le Rsf hanno risposto respingendo ogni responsabilità e denunciando un’altra operazione condotta dall’esercito. Secondo i paramilitari, un attacco con droni avrebbe colpito un mercato nel Darfur, prendendo di mira un deposito di carburante situato al valico di frontiera di Adre, al confine con il Ciad. Anche in questo caso non è chiaro il numero delle vittime, ma le immagini e le testimonianze che filtrano descrivono uno scenario di devastazione.
Le autorità sudanesi non hanno ancora diffuso dati ufficiali, ma il clima di accuse reciproche conferma l’escalation del conflitto e la crescente vulnerabilità dei civili, sempre più spesso coinvolti in attacchi che colpiscono luoghi sensibili come scuole, mercati e strutture sanitarie. In un Paese già provato da mesi di combattimenti, la morte di decine di bambini ha scosso profondamente anche la comunità internazionale, che torna a chiedere un cessate il fuoco immediato.


