
Il Tribunale dei Minorenni dell’Aquila si è orientato a non sciogliere il giudizio sul caso della famiglia Travellion-Birmingham, nota come la “famiglia nel bosco”, dopo il teso incontro avvenuto giovedì scorso con i difensori. Questa decisione significa che i bambini resteranno in istituto per almeno altri dieci giorni. Il futuro dei tre minori e della loro famiglia di cinque membri potrebbe essere rimandato alla Corte d’Appello che si esprimerà sul reclamo presentato dai legali il 16 dicembre. L’intera vicenda continua a tenere banco, dividendo l’opinione pubblica tra chi difende lo “stile di vita” alternativo dei genitori, Nathan Travellion e Catherine Birmingham, e chi sottolinea le condizioni precarie in cui vivevano i bambini. La posta in gioco è l’unità familiare e la garanzia di una crescita sana per i minori.
L’incontro teso e lo scontro in tribunale
Contrariamente alle prime dichiarazioni rilasciate dai legali subito dopo l’incontro, le due ore e dieci di confronto tra i quattro giudici del Tribunale dei Minorenni dell’Aquila e i due difensori, l’avvocato Marco Femminella e la collega Danila Solinas, sono state tutt’altro che una “condivisione di un percorso”. Fonti interne al palazzo di giustizia dell’Aquila hanno rivelato che l’incontro si è spesso trasformato in un vero e proprio scontro dialettico. Nonostante l’iniziale ottimismo espresso dai legali — i quali avevano parlato di un “cammino comune” che mirava all’unità della famiglia e alla sana crescita dei minori — la realtà emersa successivamente è stata di una forte distanza tra le parti. I giudici, in particolare la presidente del Tribunale Cecilia Angrisano, si sono mostrati pronti a interrompere il legale Femminella, che stava illustrando il punto di vista dei suoi assistiti, ispirato ai principi di natura e libertà.
La definizione di “stile di vita” e le privazioni
Uno dei momenti di maggiore attrito si è verificato proprio sull’uso della locuzione “stile di vita” per descrivere le scelte dei coniugi Travellion-Birmingham. La presidente Angrisano ha fermamente replicato, inalberandosi di fronte a tale definizione, sostenendo che quanto descritto non fosse uno stile di vita, bensì “privazioni per i figli minori”. I giudici hanno fatto riferimento esplicito alle condizioni abitative della casa nel bosco di Palmoli, descritta come piccola e insicura, con infissi precari e un bagno a secco ricavato all’esterno, in giardino. Questo elemento è stato ritenuto cruciale per motivare l’allontanamento dei figli, evidenziando una potenziale inadeguatezza dell’ambiente domestico a garantire le esigenze fondamentali di igiene e sicurezza dei minori.
Il collegio giudicante ha rafforzato la propria posizione citando la relazione dei tutori della casa famiglia, dove i tre figli e la madre Catherine risiedono dal 20 novembre. I giudici hanno sottolineato, come prova delle carenze vissute dai bambini, il fatto che nella struttura i piccoli si divertissero e apparissero “sorpresi e affascinati” da oggetti comuni come lo sciacquone del water e la cipolla della doccia, strumenti evidentemente sconosciuti nella loro vita precedente. La domanda provocatoria posta dai giudici, “Siete sicuri che siano così felici nella casa del bosco?”, mirava a mettere in discussione la bontà dello stile di vita adottato dai genitori. Gli avvocati Femminella e Solinas hanno prontamente ribattuto, difendendo il rapporto “forte e affettuoso” tra genitori e figli, spiegando che l’entusiasmo per le novità è tipico di qualsiasi bambino, portando l’esempio di un bimbo di città che si diverte nel vedere una mucca per la prima volta. Questa gioia per la novità, a loro avviso, non implica affatto una preferenza per l’ultima scoperta rispetto alle abitudini di vita cui sono legati.
I legali della famiglia nel bosco hanno inoltre mosso critiche sostanziali al fondamento del provvedimento di allontanamento. Essi hanno contestato che una decisione così drastica potesse basarsi esclusivamente su due soli sopralluoghi dell’assistente sociale. A rendere ancora più discutibile la procedura, secondo la difesa, è il fatto che uno di questi sopralluoghi sia stato realizzato a sorpresa e con l’accompagnamento dei carabinieri. Questo approccio, hanno suggerito, non rappresenterebbe una valutazione serena e completa. In aggiunta, gli avvocati hanno ricordato che quando la madre, Cate, aveva cercato rifugio con i figli in un comune della cintura bolognese, aveva trovato “assistenti più attente alle sue esigenze”, lasciando intendere una potenziale disparità o incomprensione nell’approccio da parte dei servizi sociali abruzzesi.
La riserva di decisione e l’attesa per la corte d’appello
Alla luce della distanza insanabile tra le parti emerse durante l’udienza, l’impressione dominante è che i giudici del Tribunale dei Minorenni non intendano, per il momento, rivedere l’ordinanza precedentemente pubblicata. La riserva di decisione si traduce, di fatto, nel mantenimento dello status quo: i bambini resteranno in una struttura protetta. La responsabilità di esprimersi sul futuro della famiglia Travellion-Birmingham sarà presumibilmente lasciata alla Corte d’Appello, chiamata a decidere in merito al reclamo il prossimo 16 dicembre. Fino a quella data, la famiglia rimarrà divisa, con i bambini in istituto e la madre in casa-famiglia, in una situazione di profonda incertezza e sotto i riflettori di un caso che solleva complesse domande sul diritto alla genitorialità e sulla valutazione del benessere minorile.


