
Il patto di esclusiva per la possibile vendita de la Repubblica è stato rinnovato per altri due mesi al magnate greco Theodore Kyriakou, figura considerata vicina al principe saudita Mohammed bin Salman. Un prolungamento che mantiene aperta l’ipotesi della cessione, mentre sul fronte interno l’accordo per lo smart working dovrebbe essere confermato solo per ulteriori sei mesi.
La situazione, già complessa, è stata illustrata dal direttore Mario Orfeo al Comitato di redazione il 4 dicembre e dai rappresentanti dell’azienda il giorno successivo. Intanto John Elkann, amministratore delegato di Exor – la holding che controlla Gedi – ha annunciato l’intenzione di partecipare alla festa per i 50 anni di Repubblica il 18 gennaio. Di fronte a un quadro ancora incerto, Cdr e fiduciari hanno convocato un’assemblea per martedì 9 dicembre.
La Repubblica, conti in rosso e prospettiva di nuovi interventi
Il tema più delicato emerso dagli incontri riguarda la situazione economica del giornale. Secondo le comunicazioni fornite ai rappresentanti sindacali, se la cessione non dovesse concretizzarsi e Repubblica rimanesse sotto il controllo di Gedi, la primavera 2025 potrebbe essere caratterizzata da una nuova stagione di tagli. Il passivo previsto per il 2025 risulterebbe infatti più pesante di quello del 2024, nonostante i recenti interventi.
Prepensionamenti e periodi di cassa integrazione, applicati negli ultimi anni, non sarebbero stati sufficienti a riportare i conti in equilibrio, secondo la versione dell’editore.
L’ipotesi Kyriakou e il rischio di un taglio drastico dell’organico
Nel caso in cui Kyriakou riuscisse ad acquisire la testata, le ricostruzioni del Cdr – basate sull’ascolto di più fonti – parlano di un progetto incentrato su un giornale nazionale più snello. Questo comporterebbe un forte ridimensionamento dell’organico, oggi composto da 315 giornalisti. Le ipotesi circolate fanno riferimento a 100 o persino 140 esuberi, anche se non è chiaro con quali strumenti verrebbero realizzati.
Azienda e direzione smentiscono categoricamente queste previsioni. Non a caso, 100-140 è proprio il numero complessivo dei redattori impiegati nelle nove edizioni locali del quotidiano. Il Comitato di redazione ha chiesto garanzie precise sul piano occupazionale e il rispetto della storia del giornale. La risposta aziendale, tuttavia, si è limitata a sottolineare che le tutele sono già previste “per contratto”.
Lo scenario alternativo: un intervento del governo
Un altro scenario, circolato nelle ultime settimane, riguarda la possibile contrarietà del ministero dell’Economia alla cessione della testata a un soggetto estero. In questo caso si tornerebbe a esplorare l’ipotesi di una cordata italiana interessata ad acquistare la Repubblica insieme all’Agi. Quest’ultima, mesi fa, era stata vicina alla vendita al deputato leghista Antonio Angelucci, già proprietario de Il Giornale, Libero e Il Tempo.
Una cordata nazionale potrebbe comportare un cambio di linea editoriale, con un possibile ammorbidimento della posizione critica che la Repubblica mantiene oggi nei confronti del governo Meloni.
Una redazione provata da anni di crisi
Il quadro generale è aggravato da un passato recente difficile: negli ultimi 12 anni, la testata ha attraversato cinque stati di crisi. L’ultimo giro di prepensionamenti ha visto l’uscita di 70 giornalisti, riducendo ulteriormente la forza lavoro. Il futuro del quotidiano rimane aperto a più scenari, mentre la redazione si prepara a discutere in assemblea le prospettive e le possibili conseguenze per l’identità e il lavoro del giornale.


