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Muore congelata a 33 anni, la scoperta da brividi: “Abbandonata dal ragazzo a -20 gradi”

Pubblicato: 06/12/2025 20:00

Una salita pensata per vivere un’esperienza intensa in alta quota si è trasformata in una tragedia che continua a sollevare domande e dubbi. La vicenda di Kerstin Gurtner, morta a soli 33 anni durante un’escursione sul Grossglockner, rimane uno dei casi più discussi degli ultimi mesi, soprattutto per le responsabilità attribuite al compagno che era con lei quella notte gelida. L’episodio ha scosso profondamente l’opinione pubblica e riaperto il dibattito sulla sicurezza in montagna e sulla preparazione necessaria per affrontare condizioni estreme.

Secondo gli inquirenti, a rendere ancora più drammatica la vicenda sarebbe stato il comportamento dell’allora fidanzato, Thomas Plamberger, con cui Kerstin stava condividendo quella che avrebbe dovuto essere una semplice avventura. Le temperature, scese fino a -20 gradi, avrebbero rapidamente trasformato l’escursione in un incubo, culminato con la morte della giovane a pochi metri dalla vetta.

Accuse e indagini sulla notte della tragedia

Kerstin è stata trovata priva di vita lo scorso gennaio, appena sotto la croce di vetta del Grossglockner, la montagna più alta dell’Austria. Secondo la Procura di Innsbruck, la donna sarebbe morta per congelamento, dopo essere stata abbandonata in condizioni estreme dal compagno. Plamberger, 39 anni, affronterà un processo a febbraio con l’accusa di omicidio colposo per grave negligenza, un’imputazione formalizzata solo di recente al termine di un’indagine durata 11 mesi.

Gli investigatori hanno ricostruito le ultime ore della coppia anche grazie alle immagini delle webcam della zona, che mostrano due luci avvicinarsi alla vetta durante la notte. Poche ore più tardi, solo una di quelle luci appare in discesa. Le squadre di soccorso, ostacolate da venti fortissimi, hanno potuto raggiungere Kerstin soltanto al mattino, quando ormai era troppo tardi.

Le responsabilità contestate a Plamberger

Le analisi su cellulari, smartwatch e computer della coppia hanno permesso agli inquirenti di stabilire una serie di errori commessi durante l’ascesa. La coppia, secondo le conclusioni della Procura, sarebbe stata mal equipaggiata, un dettaglio considerato particolarmente grave vista l’esperienza alpinistica di Plamberger, documentata sui suoi stessi profili social.

Kerstin indossava scarponi da snowboard invece di calzature da trekking adatte a un ambiente tanto impegnativo, e mancavano strumenti essenziali come coperte termiche, sacchi da bivacco e altri dispositivi di emergenza. Nonostante ciò, i due avrebbero proseguito l’ascensione fino al punto in cui Kerstin, ormai esausta e stremata dal freddo, non sarebbe stata più in grado di continuare.

La ricostruzione dell’accusa è netta: “Verso le 2 del mattino, l’imputato ha lasciato la sua ragazza senza protezione, esausta, in ipotermia e disorientata circa 50 metri sotto la croce di vetta”. Una scelta definita inaccettabile, soprattutto alla luce delle condizioni meteo, con raffiche di vento fino a 74 km/h e una visibilità molto ridotta.

La difesa: “Un tragico incidente”

Plamberger, tramite il suo avvocato Kurt Jelinek, respinge ogni responsabilità. L’uomo sostiene di essersi allontanato solo per cercare aiuto e parla di un “tragico incidente” in circostanze impossibili da prevedere o controllare. Una versione che contrasta con la ricostruzione dell’accusa, secondo cui il 39enne, considerato una guida esperta, avrebbe avuto una chiara responsabilità morale e tecnica nella pianificazione del percorso.

Il processo, atteso con grande attenzione, stabilirà se Plamberger dovrà affrontare una condanna che potrebbe arrivare fino a tre anni di reclusione. Una vicenda complessa, segnata da dolore, attese e un interrogativo ancora aperto: Kerstin poteva essere salvata?

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