
Come finirà è difficile dirlo. Certo nel Pd ha provocato un terremoto politico. Mentre qualche sindaco dem si è pentito di aver attribuito alla “relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati” Francesca Albanese per il suo “monito” ai giornalisti dopo l’assalto ProPal alla “Stampa” il senatore Graziano Delrio è entrato a gamba tesa nel dibattito sull’antisemitismo. Forse se l’aspettava, forse no, l’abiura del suo partito, quando il 20 novembre ha depositato a Palazzo Madama il disegno di legge 1722 intitolato “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dell’antisemitismo e per il rafforzamento della Strategia nazionale per la lotta all’antisemitismo nonché delega al Governo in materia di contenuti antisemiti diffusi sulle piattaforme on line”.
Come si sa il capogruppo Francesco Boccia ha chiarito immediatamente, d’intesa con Elly Schlein, che si trattava di una iniziativa personale non condivisa. Il disegno di legge recava anche le firme di Pier Ferdinando Casini, Filippo Sensi, Simona Flavia Malpezzi, Alfredo Bazoli, Alessandro Alfieri, Walter Verini, Sandra Zampa, Antonio Nicita, Andrea Martella, Beatrice Lorenzin e Valeria Valente. D’ordine di Boccia, Nicita, Martella, Lorenzin e Valente hanno ritirato la firma. Questione interna al Pd, si dirà, legata alla strategia politica del cosiddetto Campo Largo, nel quale, sia pure a corrente alternata, si accomodano i 5S di Conte, gli AVS di Fratoianni, e i renziani di Italia Viva. Ma in realtà la questione non è solo interna al Pd. Riguarda piuttosto la presenza storica dell’antisemitismo, per quanto sempre sottaciuta, nella cultura – nell’ideologia, se si vuole – della sinistra italiana.
Sull’antisemitismo che, sempre storicamente, è presente in aree delle destre italiane si è scritto, si è discusso largamente. Sul fronte opposto le analisi vanno cercate col lanternino. E quando sono emerse hanno sempre suscitato polemiche e imbarazzi. Accadde quando Maurizio Molinari pubblicò La sinistra e gli ebrei in Italia (1967-1993) [Corbaccio, 1995], e anche, più di recente, per il saggio di Alessandra Tarquini La sinistra italiana e gli ebrei. Socialismo, sionismo e antisemitismo dal 1892 al 1992 [il Mulino, 2000], per limitarci all’essenziale.
È difficile in Italia che si ammetta, nel dibattito pubblico, come l’antisemitismo sia una piaga trasversale alle culture politiche. Ed è ancor più difficile ammettere che l’antisemitismo molto spesso si manifesti anche sotto forma di antisionismo e anti-israelismo, come dovrebbe invece essere stato evidente dopo la strage perpetrata da Hamas il 7 ottobre del 2023, immediatamente dimenticata e subito sostituita dalla critica alla reazione israeliana. La questione, dunque, riguarda tutti. Una riflessione collettiva è necessaria quanto urgente. Partendo da un interrogativo su come si possa contrastare la diffusione dell’antisemitismo, forse soprattutto nelle giovani generazioni, nonostante il Giorno della Memoria dell’Olocausto sia stato istituito in Italia ormai 25 anni fa, ancor prima del voto dell’assemblea generale dell’ONU.
È una casualità significativa che, mentre il “caso Delrio” esplodeva, la Conferenza Episcopale Italiana, presieduta dall’Arcivescovo di Bologna cardinale Matteo Zuppi, pubblicava la Nota Pastorale “Educare a una pace disarmata e disarmante”. Un testo importante, nel quale si legge: “È drammaticamente cresciuto negli ultimi decenni l’antisemitismo, che riprende antiche falsità contro gli ebrei e che viene oggi alimentato anche da una fallace identificazione della realtà ebraica con inaccettabili recenti pratiche dello Stato di Israele (dimenticando così le tante voci ebraiche che – in Israele e altrove – da essa prendono le distanze, ricercando la pace). La dimensione politico-culturale di intreccia con quella religiosa, facendo leva su stereotipi per i quali anche le Chiese cristiane hanno responsabilità storiche”. Traspare in queste righe molta prudenza ecclesiastica, che deriva dalle diverse sensibilità nel mondo cattolico, ma sono righe che tuttavia confermano nettamente la condanna dell’antisemitismo.
Se la sua diffusione preoccupa anche la Chiesa sarebbe ben strano che non preoccupi la politica. Ben vengano dunque – persino tardive – iniziative legislative per contrastare un tragico ritorno al passato. Basta una legge? Solo un ottimista può crederlo. Un realista sa che non basta. Si tratta di mettere in campo iniziative capaci di incidere sulla cultura, sui luoghi comuni, nelle scuole, nelle università, al di là del Giorno della Memoria, che con il tempo è diventato un appuntamento retorico e poco influente.
In ogni caso il varo di una norma chiara, non ambigua va considerato un passo in avanti. Opportunamente il disegno di legge Delrio, per definire il concetto di antisemitismo, fa riferimento alla definizione operativa approvata nel 2016 dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA), “in coerenza con la risoluzione 2017/2692 (RSP) del Parlamento Europeo, del primo giugno 2017, sulla lotta all’antisemitismo e con la delibera del Consiglio dei ministri del 17 gennaio 2020”. La definizione IHRA afferma: «L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto». Se la legge fosse approvata e dunque entrasse in vigore il governo dovrebbe mette in atto ogni iniziativa di contrasto, anche sulle piattaforme on line.
L’iniziativa legislativa di Delrio non è la prima. Segue, al Senato, quelle del capogruppo della Lega Massimiliano Romeo (30 gennaio 2024), di Ivan Scalfarotto di Italia Viva (8 luglio 2025) e del capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri (6 agosto 2025). Tutte fanno riferimento alla definizione di antisemitismo approvata dalla IHRA. È dunque possibile che, nei lavori in Commissione, maturi un testo comune, che difficilmente non sarebbe approvato dall’assemblea del Senato. Ancor più difficilmente potrebbe essere respinto dalla Camera.
Resta, sul piano politico, l’interrogativo su come la maggioranza del PD, i 5S e Avs si comporteranno. Per ora un ravvedimento è improbabile. Il vertice del Pd ha subito trovato una sponda anti-Delrio nel solito gruppetto di “intellettuali” militanti, che si appellano al diritto di criticare l’attuale governo di Israele guidato da Netanyahu, che sarebbe – a loro parere – negato dai disegni di legge in discussione. Il che oggettivamente non è. Basta leggerli. Vedremo gli sviluppi. Piuttosto, il “gruppetto” è composto, come largamente prevedibile, da Anna Foa, Roberto Della Seta, Helena Janeczeck, Carlo Ginzburg, Lisa Ginzburg, Gad Lerner, Giovanni Levi, Stefano Levi Della Torre, Simon Levis Sullam, Bruno Montesano, Valentina Pisanty e Roberto Saviano. Magari se ne aggiungeranno altri. Non sarebbe una sorpresa. Ciascuno risponde alla propria coscienza.


