
Secondo quanto riportato dal Washington Post, stanno emergendo i dettagli di un complesso pacchetto negoziale per la pace in Ucraina, coordinato dall’amministrazione Trump. Questo piano è strutturato in tre documenti fondamentali: un piano di pace vero e proprio, un accordo sulle garanzie di sicurezza e un piano per la ripresa economica. Il quadro complessivo è articolato e ambizioso, ma il compromesso sui confini e sull’assetto territoriale rimane l’ostacolo più grande da superare. Le pressioni politiche, in particolare quelle esercitate dal presidente Donald Trump, giocano un ruolo cruciale, con il rischio che un’eccessiva insistenza possa spingere l’Ucraina a rifiutare l’accordo e a proseguire il conflitto, nonostante gli altissimi costi umani ed economici. Funzionari americani, ucraini ed europei sono coinvolti in quelle che si preannunciano come trattative estremamente dure.
Nel frattempo, il presidente francese Emmanuel Macron ha reso noto di aver avuto un colloquio telefonico di 40 minuti con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e altri leader europei, tra cui il primo ministro britannico Keir Starmer e il cancelliere tedesco Friedrich Merz, per discutere della situazione in Ucraina e tentare di compiere progressi.
Il nodo cruciale: l’assetto territoriale e gli scambi
Il punto nevralgico e più controverso dell’intero accordo riguarda l’assetto territoriale. I cosiddetti “scambi di territorio” sono considerati una parte ineludibile dell’intesa. La Russia avanza la richiesta di ottenere la cessione del rimanente 25% dell’oblast di Donetsk che è ancora sotto il controllo ucraino. I negoziatori statunitensi sembrano essere del parere che Kiev rischierebbe comunque di perdere quel territorio sul campo nei sei mesi successivi. Per rendere questa parte dell’accordo più accettabile per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha sempre insistito sul fatto di non avere “alcun diritto legale” di cedere territorio nazionale, si sta studiando una soluzione ispirata al modello coreano. Questa formula prevede una demarcazione de facto della linea di controllo, senza però una formale rinuncia alle rivendicazioni di sovranità de iure da parte dell’Ucraina. Questo espediente legale e diplomatico è cruciale per salvare la faccia di Kiev e permettere a Zelensky di sostenere di non aver tradito l’integrità territoriale del Paese.
Un elemento centrale per la sicurezza è la proposta di istituire una zona smilitarizzata estesa lungo tutta la linea del cessate il fuoco, che si protende dall’oblast di Donetsk fino a Zaporizhzhia e Kherson. Dietro questa prima fascia, il piano prevede l’istituzione di una seconda, più profonda, dove sarebbe vietato il dispiegamento di artiglieria pesante. Questo sistema di controllo del confine, anch’esso richiamante il modello di separazione coreano, sarebbe sottoposto a uno stretto e continuo monitoraggio internazionale. L’obiettivo è quello di ridurre al minimo il rischio di nuove escalation e di creare una barriera fisica credibile tra le forze armate.
L’integrazione europea rapida: l’adesione entro il 2027
Una delle promesse più significative contenute nel pacchetto è l’impegno per una rapida integrazione europea dell’Ucraina. Il piano ipotizza l’adesione all’Unione Europea già entro il 2027. L’amministrazione Trump si è detta convinta di poter superare l’eventuale opposizione dell’Ungheria a questo percorso. L’adesione non è vista solamente come un motore economico fondamentale per la ripresa del Paese, ma anche come un potente strumento per combattere la corruzione endemica e, in senso più ampio, per sancire la vittoria del progetto europeo dell’Ucraina sul tentativo di dominio russo.
Per proteggere l’Ucraina da future possibili aggressioni russe, gli Stati Uniti si impegnerebbero a fornire garanzie di sicurezza “simili all’Articolo 5” della NATO. Sebbene non si tratti di una piena adesione all’Alleanza Atlantica, questo meccanismo rappresenterebbe un forte deterrente. Un apposito gruppo di lavoro è stato incaricato di definire i meccanismi di risposta rapida e di intervento in caso di violazione. Parallelamente, il supporto dell’intelligence USA è destinato a rimanere un elemento fondamentale e continuativo per la difesa e la sicurezza nazionale ucraina.
Nonostante la sovranità ucraina sia salvaguardata da qualsiasi potenziale veto russo sulle sue forze armate, sono in corso negoziazioni per definire i limiti all’entità e alla dotazione dell’esercito ucraino. La proposta iniziale avanzata dagli USA prevedeva una forza armata di 600.000 uomini, ma le trattative potrebbero portare a un innalzamento di questa cifra fino a 800.000 unità. Un altro punto chiave riguarda il destino della centrale nucleare di Zaporizhzhia. L’accordo prevede che l’impianto torni sotto il controllo ucraino. È stata avanzata l’ipotesi di affidare la gestione tecnica della centrale a personale americano, che fungerebbe da “tripwire” – letteralmente un “filo di inciampo” – ovvero un deterrente estremamente sensibile e un punto di non ritorno contro nuove possibili aggressioni.
La ricostruzione economica: fondi e asset russi congelati
Il piano di pace include una robusta componente economica volta alla ricostruzione. A tal fine, si prevede lo sblocco di parte dei 200 miliardi di dollari di asset russi congelati nelle banche europee, che verrebbero impiegati per la ripresa. Inoltre, è prevista la creazione di un Fondo di Sviluppo per l’Ucraina del valore di 400 miliardi di dollari, un’iniziativa che dovrebbe vedere la collaborazione attiva di BlackRock e della Banca Mondiale. Questo massiccio sforzo finanziario è inteso a risanare le devastazioni del conflitto e a sostenere la rapida crescita economica del Paese, anche in vista dell’auspicata integrazione nell’Unione Europea.


