
È morto Sergio Flamigni, storico partigiano, senatore del PCI e profondo conoscitore del caso Moro. Aveva 100 anni ed era ricoverato in ospedale a Bracciano. La sua scomparsa segna la fine di un lungo percorso di impegno civile e politico, ma lascia un’eredità culturale e storica che resterà nei ricercatori e negli studiosi di storia italiana del dopoguerra.
Flamigni ha dedicato gran parte della sua vita alla ricerca della verità sull’omicidio di Aldo Moro, partecipando alla Commissione parlamentare d’inchiesta istituita nel gennaio del 1980. Conoscitore dei minimi dettagli del rapimento e dell’uccisione del presidente della DC, il senatore ha svolto un ruolo fondamentale nell’analisi delle dinamiche politiche e criminali di quegli anni drammatici.
Accanto all’impegno sul caso Moro, Flamigni si è occupato anche delle indagini sulla Loggia P2, partecipando come membro alla commissione parlamentare dedicata all’organizzazione massonica e alle implicazioni politiche che ne derivavano. La sua attività è stata sempre guidata dalla volontà di portare alla luce la verità, anche quando questa si scontrava con silenzi e reticenze istituzionali.
Nel 2005 ha fondato il Centro di documentazione Archivio Flamigni, un punto di riferimento per studiosi, giornalisti e ricercatori interessati alla storia politica e criminale italiana. L’archivio, oltre a raccogliere documenti e materiali originali, rappresenta un presidio di memoria attivo nella diffusione di conoscenze sulla Resistenza, sul terrorismo e sulle vicende più controverse della politica italiana del Novecento.

Flamigni è anche autore di numerosi libri, tra cui una biografia molto critica su Mario Moretti, capo delle Brigate Rosse, definito “la sfinge delle Br”. Le sue opere hanno cercato di analizzare i protagonisti e le dinamiche del terrorismo, senza mai scadere nella retorica o nel sensazionalismo, con l’obiettivo di restituire una ricostruzione accurata e documentata degli eventi.
Ilaria Moroni, responsabile del Centro di documentazione, ricorda come Flamigni ripetesse sempre: “La verità ha pazienza”. Una frase che racchiude il senso della sua vita: una continua ricerca della verità, anche quando la strada era lunga e ostacolata da silenzi, difficoltà e polemiche.
Flamigni ha incarnato fino all’ultimo giorno gli ideali della Resistenza, difendendo con coerenza principi di giustizia e impegno civile. La sua attività politica e culturale ha lasciato un segno profondo, contribuendo a chiarire vicende complesse e controverse che hanno segnato la storia italiana.

La sua scomparsa, oltre al dolore della famiglia e dei colleghi, lascia un vuoto nel panorama degli studiosi della politica italiana, ma anche un’eredità di impegno civile e rigore scientifico, testimoniata dal lavoro costante e dalla passione con cui ha raccolto e analizzato documenti, testimonianze e materiali di archivio.
Sergio Flamigni resta una figura di riferimento per chi cerca di capire la storia politica e sociale dell’Italia contemporanea, un uomo che ha saputo unire l’impegno civile alla ricerca storica, con la convinzione che la memoria e la verità siano strumenti essenziali per comprendere il presente e affrontare il futuro.


