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“Chatgpt complice di omicidio”. L’accusa è clamorosa: l’IA finisce in tribunale

Pubblicato: 11/12/2025 17:13

Nel giorno in cui Time ha scelto l’Intelligenza Artificiale e i suoi CEO come Persona dell’Anno 2025, il dibattito globale sulla tecnologia si accende ulteriormente: ChatGPT finisce per la prima volta al centro di una causa civile negli Stati Uniti, accusato di aver contribuito – secondo gli avvocati dei querelanti – a un tragico caso di omicidio-suicidio.

La popolare applicazione di OpenAI sarebbe coinvolta, secondo la denuncia, nella vicenda che ha portato alla morte di una donna anziana e di suo figlio, il quale avrebbe consultato il chatbot mentre era in preda a gravi delirî paranoici.

I legali parlano di un quadro «più spaventoso di Terminator» e, come riporta il New York Post, sostengono perfino che il chatbot avrebbe mostrato una qualche ammissione di responsabilità nelle conversazioni analizzate. L’azione legale è stata presentata dagli eredi di Suzanne Eberson Adams, 83 anni, trovata senza vita lo scorso 3 agosto insieme al figlio Stein-Erik Soelberg, 56 anni, nella loro abitazione di Greenwich, Connecticut.

Nella denuncia si legge che ChatGPT avrebbe “alimentato e rafforzato” le allucinazioni dell’uomo, creando quello che gli avvocati definiscono «un inferno su misura», in cui gesti banali – come il rumore di una stampante o una lattina di Coca-Cola – venivano interpretati come segnali di un presunto complotto orchestrato dalla madre.

Si tratta del primo caso in cui un chatbot viene chiamato direttamente in causa in relazione a una morte violenta. In passato, sistemi di IA generativa erano stati associati ad episodi di suicidio, ma mai a un’accusa collegata a un omicidio. Nel caso Adams, la donna sarebbe stata uccisa brutalmente, mentre Soelberg si sarebbe tolto la vita subito dopo, secondo la ricostruzione degli investigatori.

Gli avvocati sostengono che l’uomo, ex dirigente del settore tech con una lunga storia di difficoltà psicologiche, avrebbe iniziato a usare ChatGPT come semplice curiosità, trasformandolo poi – sempre secondo la denuncia – in un punto di riferimento ossessivo che avrebbe distorto ulteriormente la sua percezione della realtà.

Il chatbot era stato ribattezzato da Soelberg con il nome “Bobby Zenith”, una sorta di confidente digitale a cui l’uomo comunicava sospetti e timori. Con il tempo, complice il peggioramento del suo stato mentale, fattorini, conoscenti e fidanzate avrebbero iniziato a sembrargli spie e potenziali assassini.

Il rapporto con la madre si sarebbe incrinato definitamente dopo un litigio nato dal fatto che Soelberg aveva staccato la spina di una stampante, convinto che lo sorvegliasse. Da quel momento, sostengono i legali, le sue paranoie si sarebbero dirette proprio contro la donna.

Secondo la causa, Soelberg avrebbe iniziato a interagire intensamente con il chatbot poco dopo il lancio della versione ChatGPT-4o, descritta dagli avvocati come «più emotivamente espressiva», e il tutto sarebbe avvenuto – a loro dire – in un contesto di test di sicurezza accelerati per ragioni commerciali. Accuse che dovranno ora essere valutate in sede giudiziaria.

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