
Tra gli ospiti più attesi di Atreju, l’evento organizzato da Fratelli d’Italia, c’era anche Raoul Bova, invitato per un confronto sul tema della privacy nell’era dei social. Un argomento diventato per lui dolorosamente attuale dopo la diffusione delle sue chat private con la modella Martina Ceretti, materiale che secondo la sua ricostruzione sarebbe stato utilizzato per tentare di ricattarlo. L’attore, davanti al pubblico, ha deciso di raccontare senza filtri cosa abbia significato vedere la sua vita privata trasformata in un caso mediatico.
«Nel giro di un giorno è cambiata molto la percezione della vita e della realtà. Sono entrato in dubbio anche sulla percezione di me stesso» ha raccontato Bova, spiegando quanto quel vortice di attenzioni indesiderate lo avesse travolto. Ha poi aggiunto come tutto sia nato dal tentativo di qualcuno di approfittare della sua notorietà: «Mi pento dei miei errori, ma una persona singola, che aveva degli audio privati e delle chat, ha pensato di usarli a scopo di lucro, diffamando e dimenticando che cosa andava a fare. Cercando di accrescere la sua popolarità e uccidendo una persona pubblicamente».
"non mi hanno detto 'bravo, hai sconfitto chi ti ha ricattato'. ho pagato io, con l'uccisione pubblica. sono stato sbeffeggiato, ridicolizzato. quest'estate la frase più in voga era 'occhi spaccanti', prima della guerra e delle uccisioni".
— Massimo Falcioni (@falcions85) December 11, 2025
un raoul bova semplicemente perfetto. pic.twitter.com/XgTB36ccNj
“Tre giorni di ricatto continuo”: la scelta di non piegarsi
L’attore ha ripercorso i momenti più tesi di quella vicenda, rivelando la pressione ricevuta da chi minacciava di rendere pubblici i contenuti delle sue conversazioni private. «Hanno tentato di chiedermi dei soldi in cambio di queste chat. Sono stati tre giorni di ricatto, di continue telefonate. “Le mandiamo a Corona” era stata già decisa la destinazione di queste chat». Bova ha chiarito di non aver mai preso in considerazione l’idea di cedere: «Non potevo accettare. Mi sono chiesto: cosa farò se dovessi accettare questo ricatto? Ce ne sarà un altro? Un altro ancora? E non l’ho accettato».
Il prezzo, però, è stato altissimo. «Il messaggio che ho ricevuto indietro non è stato: bravo, hai vinto contro chi ti aveva ricattato. Quello che ho pagato sono stato io, e mi rende triste. Ho pagato con l’uccisione pubblica il fatto di aver deciso di non accettare un ricatto. Io mi sono sentito solo».
L’attore ha poi descritto l’impatto emotivo di quella gogna social: «Una persona mi ha sbeffeggiato, ridicolizzato, è diventato tutto virale, ha preso tutte le categorie, gli strati sociali. Tutti sapevano di questa storia. “Occhi spaccanti” è stata la parola più in voga prima della guerra, dei femminicidi: questa è stata l’Italia in un’estate che mi ha massacrato». In conclusione, una riflessione amara sul ruolo del pubblico: «Il pubblico è curioso di quello che succede all’altro».


