
La decisione del presidente francese Emmanuel Macron di rinnovare l’incarico di Primo Ministro a Sébastien Lecornu, secondo quanto ufficialmente comunicato dall’Eliseo, si inserisce in un quadro politico e istituzionale francese di estrema instabilità e rappresenta una mossa che, pur apparendo un gesto di continuità e fiducia, è il sintomo di una crisi profonda che il capo dello Stato sta cercando con tenacia, se non con disperazione, di arginare.
Questa ri-nomina, infatti, non è un evento ordinario, ma l’epilogo, o forse l’inizio di un nuovo capitolo, di una sequenza di eventi politici che hanno visto Lecornu stabilire un record negativo per la durata di un mandato di Primo Ministro nella storia della Quinta Repubblica.
Il contesto di una crisi di governo incessante
La Francia vive da mesi una fase di paralisi politica e di forte polarizzazione che ha reso la governabilità un’impresa quasi impossibile per la maggioranza presidenziale, ormai priva di una maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale. La nomina iniziale di Sébastien Lecornu, avvenuta in un momento particolarmente teso, aveva già seguito le dimissioni di un altro premier, François Bayrou, rovesciato da una mozione di sfiducia l’8 settembre 2025. Lecornu, figura considerata fedelissima di Macron e già Ministro delle Forze Armate, aveva assunto l’incarico il 9 settembre con il compito di ricucire lo strappo con l’opposizione e garantire l’approvazione di provvedimenti cruciali, a partire dalla legge di bilancio.
Il mandato più breve della storia repubblicana
L’esperienza di Lecornu come capo del governo, tuttavia, si è rivelata effimera e clamorosamente breve. Dopo soli 27 giorni dalla prima nomina, il 6 ottobre, il Primo Ministro aveva rassegnato le sue dimissioni al presidente Macron, dimissioni poi accettate. A rendere il fatto ancora più eclatante, Lecornu si era dimesso il giorno dopo aver annunciato la composizione della sua squadra di ministri. Un’accelerazione degli eventi che aveva gettato la Francia in un’ulteriore incertezza e che aveva scatenato le dure reazioni delle opposizioni, in particolare del Rassemblement National di Marine Le Pen e de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che avevano invocato lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale e il ritorno alle urne. Il mandato di Lecornu è così entrato nella storia come il più corto nella storia della Repubblica francese, un simbolo della fragilità della coalizione presidenziale.
Il rischio calcolato della ri-nomina
La scelta di Macron di nominare nuovamente Lecornu a Primo Ministro, in questo scenario turbolento, si configura come un’azione di forza e, al tempo stesso, di estrema rischiosità. Mantenere in carica un premier che ha già fallito nel tentativo di formare un governo stabile invia un segnale di determinazione e di resistenza alle pressioni delle opposizioni, ma espone anche l’Eliseo a nuove critiche di arroganza istituzionale e di mancanza di alternative valide.
La ri-nomina di Lecornu, un giovane politico di 39 anni proveniente dalle fila dei Républicains prima di unirsi a Renaissance, indica la volontà di Macron di puntare su una figura di fiducia assoluta e di alto profilo politico, noto per la sua pacatezza e per una pregressa esperienza come Ministro della Difesa (Forze Armate). L’obiettivo primario di questo “secondo atto” del governo Lecornu rimane il medesimo: tentare di trovare una formula di maggioranza o quantomeno di ottenere sostegni esterni per approvare la Legge di Bilancio e superare la cronica impasse parlamentare che mina l’azione esecutiva da mesi.
Le sfide politiche e l’orizzonte elettorale
Il rinnovato incarico di Lecornu è, in sostanza, l’ennesimo tentativo di Macron di evitare la strada delle elezioni anticipate, che le opposizioni giudicano ormai inevitabili e che, secondo i sondaggi, potrebbero rafforzare ulteriormente l’estrema destra. La ri-nomina riapre ufficialmente il processo di formazione di un nuovo governo, il cui successo dipenderà interamente dalla capacità del nuovo (ma vecchio) Primo Ministro di negoziare e trovare compromessi in un’Assemblea Nazionale ostile.
Il rischio di una terza mozione di sfiducia è altissimo, e la permanenza di Lecornu alla guida del governo è appesa a un filo sottilissimo. La Francia si trova così a navigare in una perenne incertezza istituzionale, dove l’annuncio dell’Eliseo, pur portando un nome sul seggio di Matignon, non fa altro che sottolineare la gravità della crisi e la difficoltà del presidente a trovare una via d’uscita duratura al suo secondo mandato. La palla è ora di nuovo nel campo del riconfermato Primo Ministro, chiamato a una missione quasi impossibile per garantire un minimo di stabilità al Paese.


