
“E quindi almeno a New York si può tornare…” Questo il “commento” di un’italiana su Facebook. Ovviamente si può tornare perché il nuovo sindaco della Grande Mela si chiama Zhoran Mamdani, si dichiara socialista democratico, ma in fondo il suo programma si può condensare in una affermazione sintetica: “Vogliamo tutto! E gratis”. Una copia del nostro grillismo.
Al di qua dell’Atlantico si festeggia. Come se Donald Trump sia sul punto di crollare. Come se fosse Zhoran il primo sindaco giovane. Come se fosse il primo non nato negli Stati Uniti. La lista dei sindaci naturalizzati americani è in realtà lunga, come è normale che sia in una nazione e in una città di immigrati. Quanto alla gioventù, nella lista di trentenni, dal 1665 a oggi, ce n’è una schiera. Mamdani ha solo pochi mesi in meno di John Purroy Mitchel, anch’esso trentacinquenne, nato il 19 luglio 1879, eletto nel 1913.
Certo, Mamdani, nato a Kampala, è il primo islamico, come il padre, ma di madre nata in India e di religione induista. Una clamorosa novità in Occidente? L’ex premier britannico RishiSunak è induista. Il sindaco di Londra Sadiq Khan è islamico. È questo il criterio per “festeggiare”? Dovremmo considerarlo non solo possibile ma normale.
Sindaco sì, Presidente no
I democratici americani in cerca di un leader per il dopo Trump non possono puntare su Mamdani. Si ricorderà che l’ex governatore repubblicano della California – anti trumpiano – Arnold Schwarzenegger, nato in Austria, non ha potuto correre per la Casa Bianca. Per diventare presidente degli Usa devi esserci nato. L’America è così, strana. Ai nostri occhi, non ai loro. Vedremo se i democratici sapranno scovare un nome più potabile di Kamala Harris. Hanno tempo a disposizione, ma non tantissimo. Si vedrà.
Peraltro, anche se Trump non l’ha presa bene, dal punto di vista politico, in vista delle elezioni parlamentari nazionali di midterm del 2026, più di quella scontata di New York conta la vittoria democratica in New Jersey e soprattutto nella Virginia, strappata ai repubblicani. Quanto a New York, dati alla mano, significativa l’affluenza alle urne, fa riflettere la dimensione della vittoria di Mamdani, che in Italia potremmo considerare di misura.
In fondo il sindaco è stato eletto con il 50,39 per cento, contro il 41,59 di Andrew Cuomo, candidato democratico ma indipendente, e il 7,11 per cento del repubblicano Curtis A. Sliwa. I sondaggi lo davano per largamente sconfitto. Trump ha provato a convincerlo al ritiro, senza riuscirci. Sommando i suoi voti a quelli di Cuomosi arriva al 48,7%, senza contare lo 0,31 dell’ex sindaco Eric Adams, una manciata di voti sottratti a Mamdani.
Più che una sconfitta, quello di Trump è stato un suicidio strategico. Non ha controllato il fallimentare candidato del suo partito, incapace di individuarne uno credibile, L’endorsement pro Cuomo in zona Cesarini è stato troppo estemporaneo per rovesciare i pronostici.
I tifosi italiani della Schlein e di Landini possono sì consolarsi e imbarcarsi sereni per la New York del “Vogliamo tutto!”. Sarà bene, tuttavia, che, da turisti, ricordino che New York è la Grande Mela, non l’America. Il futuro è tutto da scrivere.


