
La scena politica italiana è stata teatro di una nuova e dura accusa rivolta direttamente alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. A farsi portavoce di questa contestazione esplicita è stata Alessandra Maiorino, senatrice del Movimento 5 Stelle e coordinatrice del comitato Politiche di genere e Diritti civili, intervenuta a margine dell’evento M5s dal titolo “UNITE”, tenutosi presso il suggestivo Salone delle Fontane a Roma. Il nucleo della critica si concentra sulle scelte politiche compiute dall’esecutivo in carica, scelte che, secondo il Movimento 5 Stelle, avrebbero tradito le aspettative e le necessità primarie di ampie fasce della popolazione, in particolare delle lavoratrici e delle famiglie. L’intervento della senatrice ha messo in luce un presunto doppio standard nell’azione di governo, dove gli incrementi retributivi e le agevolazioni fiscali sembrano essere state indirizzate verso l’establishment politico piuttosto che verso i cittadini più vulnerabili.
Salario minimo e priorità invertite: il nodo degli stipendi
Uno degli aspetti più vigorosamente contestati da Alessandra Maiorino riguarda la posizione del Governo Meloni sul salario minimo legale. La senatrice ha sottolineato con forza che la Presidente del Consiglio avrebbe avuto la netta possibilità politica di dare il suo assenso all’introduzione di questa misura, un’azione che avrebbe prodotto un impatto economico diretto e sostanziale sulla vita di milioni di lavoratori. In termini numerici e percentuali, l’approvazione del salario minimo avrebbe potuto significare un aumento degli stipendi fino al 25% per una parte significativa della forza lavoro, con un beneficio particolarmente sentito dalle lavoratrici, spesso impiegate in settori caratterizzati da retribuzioni basse e da contratti non adeguatamente tutelati. In netto contrasto con questa potenziale manovra a favore dei redditi più bassi, la senatrice ha evidenziato come il Governo abbia invece proceduto all’aumento degli emolumenti per figure di alto livello istituzionale, citando esplicitamente i ministri, i sottosegretari e, in un riferimento mirato, anche l’ex ministro Renato Brunetta. Questa inversione di priorità viene presentata come la prova di una scelta politica consapevole che privilegia la casta rispetto alla base sociale ed economica del Paese.
La manovra fiscale e i diritti delle famiglie: l’iva e il congedo
La critica del Movimento 5 Stelle si estende con altrettanta veemenza al campo della politica fiscale e dei diritti familiari. Maiorino ha rimarcato l’attesa di una riduzione del carico tributario sui cittadini, una promessa spesso evocata dalla destra in campagna elettorale. Tuttavia, la realtà dei fatti, secondo la senatrice, ha visto non solo la mancata attuazione di una significativa riduzione delle tasse, ma addirittura l’incremento dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) su beni di prima necessità come i pannolini per l’infanzia. Questa mossa è stata stigmatizzata come un colpo diretto al potere d’acquisto delle famiglie e come una palese contraddizione con qualsiasi presunta politica di supporto alla natalità. Parallelamente, è stata messa in risalto la posizione di rigetto assunta dal Governo riguardo al congedo parentale paritario per i padri. L’idea di un congedo di paternità con la stessa durata e dignità di quello materno è una battaglia cruciale per l’equità di genere e per una condivisione più equilibrata dei carichi di cura all’interno del nucleo familiare. Il rifiuto di questa proposta viene interpretato come l’ennesimo segnale di una mancanza di visione e di sensibilità verso le moderne esigenze delle donne lavoratrici e delle nuove dinamiche familiari.
La questione di genere: “Donna, ma alle donne non ci ha mai pensato”
Il culmine della critica è rappresentato dall’affondo diretto sulla dimensione di genere della leadership di Giorgia Meloni. La senatrice Maiorino ha espresso un giudizio tranchant, affermando che “La verità è che Giorgia Meloni è una donna, ma alle donne non ci ha mai pensato”. Questa dichiarazione mira a scardinare l’idea che la sola presenza di una donna al vertice del Governo sia garanzia di politiche sensibili alle istanze femminili. Al contrario, la linea politica adottata, che ha visto il rifiuto del salario minimo (beneficio essenziale per le lavoratrici) e il no al congedo paritario, viene presentata come la prova che gli interessi di parte e le priorità ideologiche del Governo hanno prevalso sulla concreta difesa dei diritti e delle opportunità per l’universo femminile.
La polemica del “cheerleader”: una difesa e un attacco politico
Infine, Alessandra Maiorino ha affrontato e rispedito al mittente le polemiche generate dal suo precedente commento, in cui aveva definito Meloni una “cheerleader”. La senatrice ha ribadito l’uso del termine, sostenendo che esso non sia affatto un’offesa, ma anzi una descrizione politica attinente a un determinato stile di comportamento. L’immagine evocata è quella di una destra che si comporta come un giocatore di calcio che “si butta per terra prima ancora che venga toccato”, alludendo a una presunta tendenza a vittimizzarsi e a eccessive reazioni a critiche legittime. Richiamando le figure del passato, Maiorino ha paragonato la condotta della premier a quella di una “cheerleader di Trump” o una “sottoposta di Trump”, sottolineando un atteggiamento di subordinazione o di eccessiva enfasi in politica estera e interna. Per contrastare tale percezione, conclude la senatrice, la Presidente Meloni dovrebbe agire con maggiore autonomia e autenticità, invece di attaccarsi a parole che non sono minimamente offensive, ma che nascondono un preciso giudizio politico sulla sua leadership e sul suo modo di operare sulla scena internazionale e nazionale.


