
Antonio Tajani boccia l’ipotesi di patrimoniale in Italia. “La patrimoniale è una cosa da Unione Sovietica. Finché saremo noi al governo, non ci sarà mai”, ha dichiarato il vicepresidente del Consiglio e segretario di Forza Italia.
La proposta di introdurre un contributo di solidarietà pari all’1% del patrimonio per i milionari era stata avanzata nei giorni scorsi dal leader della Cgil, Maurizio Landini. L’idea aveva subito acceso il dibattito politico e mediatico sul futuro della fiscalità italiana.
Secondo Tajani, la richiesta della Cgil rappresenta una misura che contrasta con l’attuale impostazione del governo guidato da Giorgia Meloni. “Si tratta di politiche fiscali che ricordano modelli economici superati e inefficaci”, ha aggiunto.

Il vicepresidente del Consiglio ha sottolineato che il governo di centrodestra intende tutelare i contribuenti e preservare la stabilità del sistema economico, evitando prelievi considerati penalizzanti per chi ha accumulato patrimoni.
“La nostra posizione è chiara: nessuna tassa patrimoniale sarà introdotta”, ha ribadito Tajani, evidenziando la distanza dalle proposte ritenute “demagogiche” da parte di alcune sigle sindacali.
L’intervento di Tajani arriva in un contesto di crescente attenzione sulla pressione fiscale in Italia, con il governo chiamato a bilanciare la sostenibilità economica e la richiesta di maggiore equità sociale.

I critici della linea del governo sostengono che un contributo straordinario sui grandi patrimoni potrebbe aiutare a finanziare politiche sociali e investimenti pubblici, soprattutto in un periodo di difficoltà economiche.
Dalla parte opposta, il centrodestra insiste sull’importanza di stimolare la crescita economica senza introdurre misure che possano scoraggiare gli investimenti e la creazione di ricchezza privata.
In sintesi, la patrimoniale resta un tema divisivo: da un lato i sindacati e alcune forze politiche di sinistra la considerano uno strumento di equità, dall’altro il governo Meloni, con Tajani in prima linea, la respinge categoricamente come incompatibile con le politiche economiche attuali.


