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Legame Paracetamolo e autismo, Trump ha ragione? Finalmente arriva la risposta

Pubblicato: 10/11/2025 17:23

Una nuova e approfondita revisione scientifica pubblicata sul prestigioso The Bmj (British Medical Journal) smentisce l’allarme lanciato di recente da Donald Trump riguardo un presunto legame tra l’uso di paracetamolo (o acetaminofene) durante la gravidanza e l’insorgenza di forme di autismo o del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (Adhd) nei bambini. Gli autori raccomandano fermamente che le donne incinte continuino ad assumere il paracetamolo quando necessario per trattare il dolore e la febbre, come universalmente consigliato dalle agenzie regolatorie di tutto il mondo.

La revisione è stata condotta come una risposta diretta alla rinnovata preoccupazione sulla sicurezza del farmaco in gravidanza, riaccesa dalle dichiarazioni del presidente USA a settembre. I ricercatori, un team internazionale di scienziati provenienti da Regno Unito, Spagna e Australia, hanno sottolineato che le evidenze disponibili non riescono a stabilire un chiaro collegamento causale tra l’esposizione prenatale al paracetamolo e queste condizioni dello sviluppo neurologico.

Metodologia e risultati chiave della revisione

La ricerca è stata strutturata come una “review generale”, ovvero una sintesi di prove di alto livello, focalizzata sulla valutazione delle revisioni sistematiche esistenti. L’obiettivo primario era duplice: da un lato, valutare la qualità complessiva e la validità delle evidenze disponibili; dall’altro, stabilire la forza dell’associazione tra l’uso del paracetamolo in gravidanza e il rischio di autismo o Adhd nella prole. Gli scienziati hanno identificato nove revisioni sistematiche, le quali a loro volta includevano quaranta studi osservazionali sull’argomento. Quattro di queste revisioni contenevano anche una meta-analisi, uno strumento statistico che combina i dati di studi diversi per offrire una stima più precisa di un effetto. Per garantire la massima obiettività, gli scienziati hanno utilizzato strumenti riconosciuti per valutare attentamente ogni singola revisione, identificare potenziali distorsioni e classificare l’affidabilità complessiva dei risultati, assegnando un punteggio da “alta” a “criticamente bassa“. Hanno anche notato un “molto alto” grado di sovrapposizione degli studi tra le diverse revisioni.

Associazione statistica e l’importanza dei fattori confondenti

È importante notare che tutte le nove revisioni analizzate avevano in effetti riportato un’associazione, variabile da “possibile” a “forte”, tra l’assunzione materna di paracetamolo e il rischio di autismo e/o Adhd nella prole. Tuttavia, questo è il punto cruciale: sette delle nove revisioni avevano già suggerito di procedere con estrema cautela nell’interpretazione di questi risultati. Tale cautela era motivata dal significativo potenziale rischio di distorsioni (o bias) e dall’impatto di fattori non misurati (i cosiddetti confondenti) all’interno degli studi inclusi. L’elemento più incisivo della nuova ricerca è la valutazione della qualità delle prove: l’affidabilità complessiva dei risultati delle revisioni è stata classificata come bassa in due casi e criticamente bassa nelle restanti sette.

Soltanto una delle nove revisioni includeva due studi che avevano adeguatamente corretto i dati per tenere conto degli effetti di fattori genetici e ambientali condivisi tra i fratelli e altri elementi fondamentali, quali la salute mentale dei genitori, il background e lo stile di vita familiare. In entrambi questi studi specifici, l’associazione inizialmente osservata tra l’esposizione prenatale al paracetamolo e il rischio di autismo o Adhd è svanita o si è notevolmente ridotta dopo l’aggiustamento statistico. Questo risultato è altamente significativo, in quanto suggerisce con forza che la gran parte del rischio osservato in studi precedenti era in realtà spiegato da questi fattori confondenti condivisi a livello familiare, piuttosto che dal farmaco stesso.

I limiti della letteratura scientifica e le raccomandazioni finali

Il team di ricercatori ha riconosciuto alcuni limiti della propria panoramica, come la diversità di ambito e metodi tra le revisioni incluse e l’impossibilità di esplorare a fondo gli effetti di specifici tempi di somministrazione o dosaggi. Le loro analisi, inoltre, erano circoscritte solo agli esiti di autismo e Adhd. Nonostante questi limiti metodologici, gli autori ribadiscono con convinzione che questa “panoramica riunisce tutte le prove rilevanti” e, grazie all’applicazione di metodi consolidati per la valutazione della qualità, ha dimostrato in modo inequivocabile la mancanza di prove solide che possano collegare l’uso del paracetamolo in gravidanza all’autismo e all’Adhd.

In conclusione, gli scienziati del Bmj sono categorici: “L’attuale base di prove è insufficiente per collegare definitivamente l’esposizione in utero al paracetamolo con l’autismo e l’Adhd nell’infanzia”. Essi concludono esortando le donne in gravidanza a non farsi influenzare dall’allarmismo infondato. Gli enti regolatori, i medici, le donne in gravidanza e i genitori dovrebbero essere informati della scarsa qualità delle revisioni che suggeriscono un’associazione. La raccomandazione finale è chiara e rassicurante: le donne dovrebbero essere avvisate di assumere paracetamolo quando necessario per trattare dolore e febbre durante la gravidanza, in linea con le attuali linee guida mediche. Per migliorare ulteriormente la conoscenza, i ricercatori auspicano la realizzazione di studi futuri di alta qualità che controllino rigorosamente i fattori confondenti familiari e non misurati.

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