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Mediaset, “retequattrismo” in crisi di ascolti, i numeri parlano chiaro: calano Porro, Berlinguer, Labate, Del Debbio e Giordano. Si salva solo Nuzzi

Pubblicato: 13/11/2025 09:18

È un autunno difficile per Rete 4, la rete Mediaset tradizionalmente associata al talk politico e al dibattito serale. Gli ascolti calano, i format arrancano e quella che per anni è stata la roccaforte del cosiddetto “retequattrismo” — una televisione militante, riconoscibile, polarizzante — oggi appare smarrita. Un malessere profondo che attraversa tutti i programmi di punta e che, nei numeri, segna la stagione più complicata dell’ultimo decennio.
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Un palinsesto in affanno

Il quadro è impietoso: il lunedì Nicola Porro fatica con Quarta Repubblica, il martedì Bianca Berlinguer non riesce a decollare con È sempre Cartabianca, il mercoledì il nuovo arrivato Tommaso Labate non convince, mentre il giovedì Paolo Del Debbio vive un evidente calo di energia con Dritto e rovescio. Persino la domenica, un tempo regno incontrastato di Mario Giordano con Fuori dal coro, mostra segni di cedimento.

L’unica eccezione resta Gianluigi Nuzzi con Quarto Grado, il solo programma capace di garantire stabilità di ascolti. Non a caso, è anche l’unico che non tratta di politica. Ed è proprio la politica — cuore storico della rete — a rappresentare oggi il punto di crisi più evidente.

La politica non fa più spettacolo

La televisione di Rete 4 è sempre vissuta del dibattito acceso, del confronto diretto, spesso schierato, ma in grado di generare passione. Tuttavia, l’attuale contesto politico non aiuta: il governo Meloni gode di una stabilità senza precedenti e le opposizioni appaiono deboli. In assenza di un nemico chiaro, la rete sembra aver perso il suo ruolo naturale di “tribuna alternativa”.

Da sempre, la tv politica funziona quando può opporsi a un potere forte o raccontarne le crepe. Ma oggi, con Fratelli d’Italia saldamente in testa ai sondaggi e il fronte avversario disarticolato, anche i talk di Rete 4 appaiono disorientati. Manca la tensione del contraddittorio, quel motore narrativo che per decenni aveva fatto del canale un laboratorio mediatico capace di unire e dividere.

Talk show in cerca di identità

In questo scenario, il volto più in difficoltà è Paolo Del Debbio. Dritto e rovescio non riesce più a catturare l’attenzione del pubblico come un tempo: l’energia polemica si è affievolita e l’attualità internazionale — come la crisi di Gaza o la guerra in Ucraina — viene trattata con un tono “passivo”, privo di slancio. Meno cronaca sociale e più analisi politica, ma senza la forza di imprimere un ritmo al dibattito.

Mario Giordano, pur avendo abbandonato i siparietti e le scenette con gli ospiti di destra, non è riuscito a rinnovare davvero Fuori dal coro. La svolta verso inchieste e denunce civiche lo ha reso più serio, ma anche meno riconoscibile. L’energia urlata, marchio distintivo del suo stile, si è attenuata, e con essa una parte del pubblico più fedele.

Diverso il caso di Nicola Porro, che con Quarta Repubblica resta il più equilibrato nel panorama del talk Mediaset. Il suo stile, più giornalistico e meno militante, conserva un nucleo di credibilità. Tuttavia, l’impostazione ibrida del programma non basta a contrastare la concorrenza interna di un colosso come Massimo Giletti, che con Lo Stato delle Cose su Rai 3 riesce a costruire “l’evento” anche quando la materia prima è povera.

Berlinguer e Labate, l’esperimento mancato

L’arrivo di Bianca Berlinguer e Tommaso Labate avrebbe dovuto aprire una nuova fase, più “pluralista”, per Rete 4. Ma il tentativo di importare un linguaggio di sinistra su un canale percepito come conservatore non ha funzionato.

Nel caso di È sempre Cartabianca, il pubblico tradizionale di Rai 3 non ha seguito la conduttrice nella sua nuova avventura, mentre quello abituale di Rete 4 non si riconosce nel suo tono e nei suoi ospiti. Una frattura identitaria che rende difficile la fidelizzazione.

Stesso destino per Labate, che come Gerardo Greco qualche anno fa si ritrova nel limbo: troppo “centrista” per i telespettatori di destra, troppo legato a Mediaset per quelli di sinistra. Il risultato è una trasmissione che non trova un proprio pubblico e non incide nel dibattito politico.

Il contesto televisivo e l’effetto “Ruota”

A pesare sui numeri di Rete 4 c’è anche un fattore tecnico: il successo dell’access prime time di Canale 5, dove Gerry Scotti con La Ruota della Fortuna macina ascolti record, sottraendo pubblico alla prima serata delle reti minori. Un fenomeno che ha spinto Rete 4 a sperimentare “anteprime” e nuove formule per evitare la sovrapposizione, ma senza risultati significativi.

La crisi, quindi, non si spiega solo con la concorrenza o con il calo d’interesse per la politica, ma con un più ampio esaurimento del format talk show, un genere che sembra aver perso mordente in un’epoca dominata dai social e dall’informazione in tempo reale.

Il futuro incerto di Rete 4

Ciò che un tempo era il cuore pulsante della rete — l’arena del confronto, la piazza della polemica — oggi rischia di trasformarsi in un luogo prevedibile, incapace di generare sorpresa o indignazione. Il retequattrismo, inteso come modello di racconto politico identitario, appare svuotato di senso.

Per risollevarsi, Rete 4 dovrà forse ridefinire il proprio linguaggio, abbandonare la logica del talk come rissa controllata e tornare a un giornalismo d’inchiesta capace di parlare anche fuori dagli schieramenti. In caso contrario, la terza rete Mediaset rischia di restare prigioniera del suo passato, testimone stanco di un genere che non appassiona più.

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