
La Guardia di Finanza ha eseguito un sequestro patrimoniale da oltre 2,2 milioni di euro nei confronti di Giancarlo Tulliani, ex cognato dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini. L’operazione, condotta dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO), rappresenta un nuovo capitolo dell’inchiesta che da anni ruota intorno alle presunte operazioni di riciclaggio e peculato legate al patrimonio della famiglia Tulliani.
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Il sequestro e i beni coinvolti
Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione su proposta della Direzione Distrettuale Antimafia, riguarda una villa situata a Roma, diversi conti correnti in Italia e all’estero e due autovetture, tra cui una di lusso. Il valore complessivo dei beni bloccati supera i 2,2 milioni di euro.
Giancarlo Tulliani, oggi residente a Dubai e latitante, è accusato di aver impiegato denaro di provenienza illecita per l’acquisto di immobili e beni mobili di grande valore. Il sequestro si inserisce nell’ambito delle misure di prevenzione patrimoniale previste dalla normativa antimafia, volte a colpire patrimoni accumulati attraverso attività criminali o in palese contrasto con i redditi dichiarati.

Le origini dell’inchiesta
L’attività investigativa affonda le radici nel 2017, quando il GIP del Tribunale di Roma emise un’ordinanza di custodia cautelare contro i membri di un’associazione a delinquere di carattere transnazionale. L’organizzazione era dedita alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, al riciclaggio e al peculato, utilizzando una rete di società offshore e conti esteri per movimentare fondi di origine illecita.
Secondo le indagini, i proventi del riciclaggio venivano reinvestiti in attività economiche e nell’acquisizione di immobili di pregio. Una parte consistente di tali somme sarebbe transitata sui conti di Giancarlo Tulliani, che avrebbe poi provveduto a trasferirle all’estero.
Le transazioni risultavano formalmente giustificate da contratti fittizi e operazioni prive di causale, con l’obiettivo di nascondere l’origine illegale del denaro. Da qui il reimpiego in acquisti immobiliari e investimenti ora sottoposti a sequestro.
La condanna e la latitanza di Tulliani
A conclusione del processo di primo grado, il Tribunale Ordinario di Roma – Quarta Sezione Penale ha condannato Giancarlo Tulliani a sei anni di reclusione per riciclaggio. Contestualmente, i giudici hanno disposto la confisca dei beni pari ai profitti illecitamente accumulati. La sentenza del 30 aprile 2024 ha confermato la solidità delle prove raccolte dalla Procura e dalla Guardia di Finanza, aprendo la strada all’esecuzione delle misure patrimoniali.
Tulliani, tuttavia, si trova tuttora irreperibile, e secondo gli inquirenti risiederebbe stabilmente negli Emirati Arabi Uniti, dove si sarebbe trasferito per sfuggire alle conseguenze giudiziarie. La latitanza non ha impedito alla magistratura di procedere con il sequestro dei beni a lui riconducibili, in base alla normativa antimafia che consente di agire anche in assenza dell’imputato.

La sproporzione tra redditi e patrimonio
Le indagini economico-finanziarie condotte dal SCICO hanno evidenziato una profonda discrepanza tra i redditi dichiarati da Tulliani e il tenore di vita da lui mantenuto tra il 2008 e il 2015. Gli accertamenti patrimoniali hanno rivelato la disponibilità di immobili di lusso, veicoli di alto valore e capitali depositati su conti esteri non compatibili con le entrate lecite ufficialmente dichiarate.
Questa sperequazione economica è risultata determinante per l’adozione del decreto di sequestro. Le Fiamme Gialle hanno infatti accertato che le risorse impiegate da Tulliani provenivano da fondi distratti da operazioni di natura illecita, poi ripuliti attraverso società di comodo e movimenti bancari transnazionali.
Un caso simbolo del contrasto al riciclaggio
Il sequestro a carico di Giancarlo Tulliani rappresenta uno dei casi più rilevanti degli ultimi anni in materia di misure patrimoniali antimafia, confermando l’impegno della Procura di Roma e della Guardia di Finanza nel contrastare le forme di riciclaggio internazionale.
La vicenda, che coinvolge anche il nome di Gianfranco Fini per via del legame familiare, ha suscitato ampia risonanza pubblica sin dalle prime fasi dell’inchiesta. Tuttavia, le autorità giudiziarie hanno sempre chiarito che le responsabilità accertate riguardano esclusivamente Giancarlo Tulliani e le sue operazioni finanziarie.
Con la decisione del Tribunale di Roma e l’esecuzione del maxisequestro da 2,2 milioni di euro, si chiude un nuovo capitolo di una lunga indagine che ha messo in luce i meccanismi complessi del riciclaggio transnazionale e il tentativo di occultare capitali attraverso società e conti all’estero.


