
Romano Prodi torna a intervenire nel dibattito politico italiano con toni severi, rivolgendosi sia alla sinistra sia alla segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein. L’ex presidente del Consiglio, in un’intervista al Corriere della Sera, ha espresso forti perplessità sull’entusiasmo che una parte del progressismo italiano sta riservando al nuovo sindaco di New York, Zohran Mamdani, considerato da alcuni come una figura di rottura e simbolo di un nuovo corso politico.
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Prodi riconosce che il giovane sindaco sia riuscito a riattivare la partecipazione e a coinvolgere i più giovani, portando avanti una campagna elettorale con risorse limitate. Tuttavia, secondo l’ex premier, queste caratteristiche non bastano a definirlo un vero “rivoluzionario”. Il suo profilo familiare, legato al mondo accademico e culturale, e le sue proposte economiche giudicate “difficili da realizzare”, lasciano Prodi più scettico che entusiasta. Il paragone con Fiorello La Guardia, indicato da Prodi come esempio di sindaco realmente innovativo, rafforza la presa di distanza rispetto al nuovo volto della politica newyorkese.

I dubbi sul Pd e l’avvertimento a Elly Schlein
Nel prosieguo dell’intervista, Prodi si sofferma sulle dinamiche interne al centrosinistra e sul ruolo della segretaria dem. Racconta di aver avuto diversi contatti recenti con Elly Schlein, ai quali avrebbe ribadito le sue preoccupazioni: una parte dell’elettorato, secondo lui, rischierebbe di allontanarsi perché percepisce una lettura troppo ristretta della società, incapace di tradursi in una proposta alternativa di governo realmente credibile.
La riflessione si fa ancora più severa quando Prodi sottolinea che la legislatura è già oltre la metà del suo percorso, e che il tempo a disposizione per costruire un progetto politico competitivo si sta riducendo. L’ex premier insiste inoltre sulla necessità di lavorare sulle coalizioni di governo, più che sui singoli partiti. A suo giudizio, all’interno del Pd ci sarebbe ancora una forte resistenza al cambiamento, alimentata da chi punta più a mantenere il proprio ruolo che a trasformare il partito in una forza capace di contendere la guida del Paese.

L’analisi della premier Meloni e l’assenza di alternative
Nella parte conclusiva della sua analisi, Romano Prodi volge lo sguardo al governo attuale, guidato da Giorgia Meloni. Le sue considerazioni sono lapidarie: secondo lui, la premier non avrebbe raggiunto risultati significativi, e la situazione economica mostrerebbe segnali estremamente preoccupanti. In particolare, Prodi evidenzia una crescita stagnante e una produzione industriale in seria difficoltà, elementi che, a suo dire, dovrebbero allarmare l’esecutivo.
Eppure, osserva l’ex presidente del Consiglio, la forza della premier non deriverebbe da meriti concreti, bensì dal vuoto politico che caratterizza il quadro delle opposizioni. La “mancanza di alternativa” rappresenterebbe dunque, secondo Prodi, la ragione principale della stabilità dell’attuale governo.
Un’analisi dura, che mette in discussione tanto l’efficacia dell’azione governativa quanto la capacità del centrosinistra di proporsi come vera opzione di cambiamento. Prodi, ancora una volta, sceglie di parlare chiaro, lasciando sul tavolo un monito preciso: senza un progetto più ampio, inclusivo e concreto, la sinistra rischia di restare ai margini mentre il Paese affronta una fase complessa e tutt’altro che risolta.


