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“Cosa non torna ai magistrati”. Garlasco, l’annuncio su Lovati a Quarto Grado

Pubblicato: 15/11/2025 10:00

L’avvocato Massimo Lovati, intervenuto venerdì 14 novembre alla trasmissione di Rete 4 condotta da Gianluigi Nuzzi, ha offerto un resoconto dettagliato e al contempo spregiudicato della sua recente esperienza con la magistratura e, in modo ancor più significativo, delle dinamiche di pagamento relative al suo coinvolgimento nel cosiddetto caso Garlasco, in particolare per la difesa di Andrea Sempio.

Lovati ha esordito esprimendo un giudizio positivo sull’approccio dei magistrati incontrati, descrivendo l’audizione come una “bella giornata” e sottolineando di aver trovato in loro figure “molto garanti, dei diritti” che lo avrebbero trattato “egregiamente”. Questo clima di collaborazione e garanzia istituzionale si contrappone nettamente alle rivelazioni che l’avvocato ha poi fornito in merito agli aspetti finanziari del suo incarico.

La confessione sui pagamenti in contanti

Il punto focale dell’intervento di Lovati è stato la netta ammissione circa le modalità di retribuzione per la sua attività difensiva, sollevando un velo su pratiche finanziarie non tracciate e palesemente irregolari. L’avvocato ha confermato senza esitazione che le sue parcelle venivano corrisposte esclusivamente in contanti, con il ritiro fisico delle somme che avveniva “allo studio Soldani-Grassi”. Lovati ha specificato con estrema franchezza la dinamica: “fisicamente in macchina andava a Vigevano dallo studio Soldani a prendere la sua parcella”. Le cifre in questione erano di notevole entità, come si evince dalla sua laconica ma eloquente descrizione della situazione economica del suo cliente: “Quello che passa il convento. In quel momento lì il convento era un convento ricco“.

Il cinismo sulle parcelle e il pentimento tardivo

Di fronte alla domanda, carica di implicazioni etiche e professionali, se non avesse mai maturato il sospetto o la consapevolezza di ricevere troppi soldi rispetto all’effettivo lavoro svolto, Lovati ha risposto con un’espressione di cinismo professionale e distacco: “L’ho pensato, ma che mi frega. Quando piove, lascia piovere“. Questa frase sintetizza una prospettiva utilitaristica e disinteressata alla proporzionalità della retribuzione rispetto alla prestazione. Tuttavia, con il senno di poi e alla luce dell’inchiesta giudiziaria successiva che ha messo in luce queste dinamiche, Lovati ha espresso un pentimento che non è di natura etica, ma meramente fiscale e strategica. L’unico rammarico espresso è stato quello di non aver fatturato quelle ingenti cifre, riconoscendo che l’aver operato in nero ha complicato enormemente la sua posizione nell’ambito dell’indagine in corso.

Indagini preventive e la tesi del “grimaldello”

L’avvocato ha anche fornito una spiegazione riguardo un sospetto specifico che gli è stato sottoposto dai magistrati: il suo intervento difensivo per scagionare Andrea Sempio era iniziato in un momento antecedente all’apertura formale di un’indagine, ovvero prima che Sempio fosse “attinto da una richiesta di garanzia”. In altre parole, Lovati aveva agito “come se fosse indagato” pur non essendolo ancora formalmente. La sua giustificazione è stata che, avendo appreso delle circostanze dalle “fonti giornalistiche” uscite subito dopo il 24 dicembre, aveva ritenuto opportuno muoversi immediatamente, promuovendo “indagini difensive private” come previsto dal codice di procedura penale. L’azione era, quindi, una mossa preventiva, basata sulla sua intuizione che il suo assistito sarebbe inevitabilmente finito sotto inchiesta. Concludendo la sua analisi, Lovati ha avanzato un’osservazione più ampia sulla natura dell’indagine in corso, ipotizzando che il caso Garlasco sia stato utilizzato solamente come una sorta di “grimaldello”, uno strumento per aprire e sviluppare un’inchiesta molto più ampia e strutturata nei confronti di alcuni magistrati. Nonostante le pesanti implicazioni del caso, l’avvocato ha voluto chiudere con un’affermazione di fiducia personale verso una delle figure coinvolte, l’ex procuratore Venditti, dichiarandosi “certo che Venditti non si lascerebbe mai corrompere”.

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