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“Lo vorrei tanto”. Giovanni ucciso dalla madre, quell’ultimo desiderio prima di morire: straziante

Pubblicato: 16/11/2025 12:09

MUGGIA (TRIESTE) – Compare in piazza Marconi a mezzogiorno, a passi lenti. Accanto a lui c’è il collega che lo sostiene in questi giorni terribili e poi don Andrea Destradi, suo amico e non solo il curato del Duomo. Paolo Trame si avvicina al civico 3, dove, al terzo piano di un edificio seicentesco, suo figlio Giovanni, nove anni, mercoledì sera è stato ucciso con un coltellaccio da cucina dalla madre, Olena Stasiuk, 55enne, ex moglie da cui era separato dal 2017.

L’uomo, 58 anni, operaio, ripete che quel bambino era tutta la sua vita. Aiutato dal collega, sorregge un vaso con un mazzo di rose che depongono all’ingresso, accanto ad altri fiori, giochi, palloni e biglietti lasciati da padri, madri e bimbi. Un amichetto di Giovanni, Pietro, ha disegnato una barca a vela, perché il piccolo faceva scuola nautica, mentre un altro biglietto recita: «Grazie per essere stato amico di mio figlio. Perdonaci per non averti salvato. Perdonaci».

Paolo legge tutto, ogni parola, visibilmente commosso, trattenendo le lacrime. Rivolge lo sguardo verso il terzo piano, dove suo figlio incontrava la madre per incontri non protetti, ai quali si era sempre opposto: «Non erano opportuni, perché lei era pericolosa», ha detto al Corriere della Sera. Poi percorre il sagrato del Duomo con Andrea, pregando insieme.

La preghiera sarà ripetuta alle 20.30, quando almeno 600 persone parteciperanno alla veglia per Giovanni. Ci saranno i compagni di classe, quelli del Muggia 1967, la squadra di calcio del bambino, il sindaco Paolo Polidori e il vescovo di Trieste Enrico Trevisi.

Non ha potuto partecipare Gigliola Bridda, l’avvocata che per otto anni ha seguito Paolo nella sua battaglia giudiziaria contro l’ex moglie: «Sono troppo sconvolta, ho preferito allontanarmi da Trieste». Racconta della notifica sul suo telefonino: «Trieste, donna uccide figlio di 9 anni». «Ho chiamato subito Paolo… Ti prego, dimmi che non si tratta di Giovanni…». «Invece sì: è proprio lui».

L’avvocata ricorda il regalo fatto a Giovanni per il suo compleanno, il 17 luglio 2024: uno smartwatch impostato per dare l’allarme. «Con suo papà gli avevamo insegnato a usarlo, era intelligentissimo, curioso, incapace di stare fermo». Si chiede se Giovanni lo abbia usato quella sera.

Intanto, l’indagine procede. C’è da chiarire perché Olena abbia avuto la possibilità di vedere da sola il figlio, pur seguita dai Servizi sociali, e perché, poche ore prima del delitto, abbia fatto richieste come: «Voglio la prova del Dna su mio figlio, Paolo non è suo padre». La polizia ha sequestrato documenti al Centro di salute mentale.

La questione degli incontri non protetti ha radici nel tribunale civile: il 20 maggio, con ordinanza della giudice Filomena Piccirillo, era stato autorizzato l’incontro senza tutela. La decisione si basa su una relazione di 37 pagine della psicologa Erika Jakovcic, che riporta le voci di Paolo, Olena e Giovanni. Paolo aveva espresso dubbi: «Non so se sia una buona idea», ma anche un sogno: «Mamma e papà che tornano assieme».

L’intera vicenda resta sotto indagine, con il cuore di tutti concentrato sulla memoria di Giovanni, e sulla necessità di comprendere come la sua sicurezza e il suo benessere possano essere stati compromessi da decisioni giudiziarie e sociali.

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