
La Corte dei conti ha inferto un nuovo, significativo colpo al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, negando il visto di legittimità al III atto aggiuntivo alla convenzione tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la società Stretto di Messina Spa. Questa decisione, emessa dalla Sezione centrale di controllo di legittimità all’esito della Camera di consiglio tenutasi oggi, 17 novembre 2025, rappresenta un ostacolo burocratico e finanziario non indifferente per l’opera infrastrutturale più discussa e controversa d’Italia.
Il mancato visto di ammissione e la conseguente mancata registrazione del decreto del 1° agosto 2025, n. 190, adottato di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, blocca di fatto l’approvazione formale dell’atto che avrebbe dovuto definire i nuovi termini e le condizioni per la ripresa dei lavori e delle attività connesse al progetto. La Corte ha annunciato che le motivazioni dettagliate di questo diniego saranno rese pubbliche entro trenta giorni tramite apposita deliberazione, fornendo così il quadro giuridico e contabile completo che ha portato a questa determinazione. Questo stop si inserisce in una lunga serie di vicissitudini che hanno caratterizzato la storia del progetto, il cui dibattito si riaccende periodicamente da decenni.
Le implicazioni dello stop della magistratura contabile
Il diniego del visto di legittimità da parte della magistratura contabile non è un mero atto formale, ma ha profonde implicazioni sul piano esecutivo e finanziario del progetto. La Corte dei conti, nel suo ruolo di garante della legalità e della corretta gestione finanziaria delle amministrazioni pubbliche, valuta se gli atti adottati dal Governo e dai Ministeri siano conformi alla legge e se l’impegno di spesa sia legittimo e sostenibile.
La mancata ammissione al visto implica che, secondo la Sezione centrale di controllo di legittimità, vi siano profili di illegittimità nel III atto aggiuntivo o nelle sue conseguenze finanziarie, ovvero nel modo in cui l’atto intende dare attuazione alle disposizioni previste per la riattivazione dell’opera. Questo blocco amministrativo costringe il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la società Stretto di Messina Spa a rimettere mano all’atto, o addirittura al quadro normativo di riferimento, per superare le obiezioni sollevate dai giudici contabili. In assenza del visto, l’atto aggiuntivo non può produrre i suoi effetti giuridici e finanziari, lasciando il progetto in una situazione di stallo operativo e contrattuale.
Il contesto del riavvio del progetto
Il progetto per il collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria era stato rilanciato con vigore attraverso il decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, successivamente convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2023, n. 58. Questa normativa aveva rappresentato la base giuridica per la riattivazione della società Stretto di Messina Spa, di fatto resuscitandola dopo un periodo di liquidazione, e per la ripresa delle attività di pianificazione, aggiornamento tecnico e contrattualizzazione necessarie per l’avvio della costruzione. Il decreto-legge, in particolare l’articolo 2, comma 8, richiamato nella nota della Corte, aveva dettato le disposizioni urgenti per la realizzazione dell’opera, ponendo le premesse per l’approvazione di atti successivi come il III atto aggiuntivo alla convenzione originaria del 30 dicembre 2003, n. 3077.
La bocciatura di questo atto aggiuntivo da parte della Corte dei conti mette in discussione non l’esistenza della norma di riavvio, ma la correttezza e legittimità dell’atto attuativo che ne discende. Questa battuta d’arresto è particolarmente rilevante perché interviene in una fase cruciale, quella della ridefinizione degli accordi con i contraenti e della validazione aggiornata del progetto esecutivo, processi che richiedono ingenti risorse finanziarie e un chiaro percorso legale.
Le prossime mosse del governo e lo scenario politico
La decisione della Corte dei conti pone il Governo di fronte a una scelta cruciale. Le prossime settimane saranno decisive per comprendere la strategia che l’esecutivo intenderà adottare per superare questo ennesimo impedimento. Le opzioni principali sono due. La prima consiste nell’attendere la pubblicazione delle motivazioni della Corte per poi modificare l’atto aggiuntivo in modo da eliminare i profili di illegittimità contestati, ripresentandolo successivamente per l’approvazione. Questo percorso implicherebbe un ritardo nei tempi previsti per l’opera e un lavoro di riscrittura del testo.
La seconda opzione, potenzialmente più rapida ma politicamente più rischiosa, potrebbe essere quella di tentare un intervento normativo per superare le obiezioni della Corte. Ciò potrebbe avvenire attraverso un nuovo decreto-legge o l’inserimento di specifiche disposizioni in una legge in approvazione, con l’obiettivo di chiarire o modificare la base legale sulla quale si fonda l’atto aggiuntivo. Indipendentemente dalla via scelta, questo nuovo stop alimenta il dibattito politico sul progetto e mette sotto pressione l’esecutivo, che aveva fatto del rilancio del Ponte sullo Stretto un punto centrale della sua agenda infrastrutturale. La prosecuzione del progetto dipenderà ora dalla capacità del Governo di rispondere in modo efficace e legale alle contestazioni della magistratura contabile. L’intera vicenda conferma la complessità tecnico-giuridica e la sensibilità politica che circondano l’opera, destinata a rimanere al centro della scena pubblica italiana.


