
Un innovativo metodo sviluppato da un team di scienziati promette di trasformare radicalmente la ricerca della vita extraterrestre, grazie alla combinazione tra analisi chimiche avanzate e modelli di intelligenza artificiale. Questa nuova tecnica è stata sperimentata su oltre 400 campioni terrestri — inclusi antichi sedimenti, fossili, organismi moderni e perfino meteoriti — riuscendo a individuare le “impronte digitali” lasciate dalla vita anche quando le biomolecole originarie risultavano ormai scomparse.
Un metodo capace di leggere l’eco della vita antica
Nel lavoro pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, i ricercatori hanno dimostrato che il nuovo approccio è in grado di riconoscere tracce di vita in rocce terrestri risalenti a 3,3 miliardi di anni fa, un periodo in cui quasi tutto ciò che apparteneva ai primi organismi era già degradato. Il sistema ha saputo distinguere materiali di origine biologica con una precisione superiore al 90% e, sorprendentemente, ha identificato anche segnali compatibili con fotosintesi ossigenica attiva oltre 2,5 miliardi di anni fa, anticipando di circa 800 milioni di anni le evidenze note. «I nostri risultati dimostrano che la vita antica lascia dietro di sé più che semplici fossili: lascia anche ‘echi’ chimici» ha spiegato il dottor Robert Hazen della Carnegie Institution for Science. «Grazie all’apprendimento automatico, per la prima volta possiamo interpretare questi segnali in modo affidabile».

Una tecnologia che guarda oltre la Terra
Gli autori sottolineano che la tecnica può essere applicata non solo all’analisi delle rocce terrestri ma anche alla ricerca di vita su altri mondi. La possibilità di rilevare tracce biologiche “invisibili”, anche in ambienti estremi, apre nuovi scenari per missioni su pianeti come Marte o sulle lune ghiacciate di Giove, come Europa. Secondo il team scientifico, il metodo rappresenta uno strumento aggiuntivo per valutare campioni in cui fossili o molecole integre non sarebbero sopravvissuti.
Come funziona il metodo: dalla Terra ai pianeti lontani
La tecnica utilizza pirolisi-gascromatografia e spettrometria di massa (Py-GC-MS) combinata con algoritmi di apprendimento automatico supervisionato. Analizzando centinaia di campioni — dai fossili ai meteoriti — il modello ha imparato a riconoscere le firme chimiche tipiche della materia vivente. «Immaginate di mostrare migliaia di pezzi di un puzzle a un computer e di chiedervi se in origine fosse un fiore o un meteorite» spiega il dottor Hazen. Il sistema ha raggiunto una precisione del 98% nei campioni moderni e oltre il 90% nelle rocce più antiche, distinguendo persino vegetali da animali e riconoscendo tracce fotosintetiche.
Gli studiosi precisano che questa tecnologia non sostituisce le metodologie tradizionali ma le integra, ampliando la capacità di individuare anche i segnali più tenui della vita. «Le rocce più antiche della Terra hanno storie da raccontare e stiamo appena iniziando ad ascoltarle. La stessa tecnologia potrebbe un giorno svelare se forme di vita esistono o sono esistite su altri mondi» conclude Hazen.


