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Trump furioso con la giornalista: “Zitta, cicciona”. Cos’è successo, è caos totale

Pubblicato: 18/11/2025 19:30

L’episodio che ha coinvolto Donald Trump e una giornalista di Bloomberg ha sollevato un’ondata di polemiche, concentrandosi non solo sul linguaggio offensivo utilizzato dall’ex presidente ma anche sulle tematiche delicate in discussione, in particolare il caso di Jeffrey Epstein. L’insulto, un mix di sessismo, body-shaming e persino richiami anti-animalisti per l’uso del termine “piggy” (“grassa come un maiale”), è stato pronunciato in un contesto formale, a bordo dell’Air Force One, durante il rientro di Trump a Washington.

L’insulto e il contesto

L’origine dell’attacco verbale risiede in una legittima domanda posta dalla reporter di Bloomberg, Catherine Lucey. La giornalista ha chiesto all’allora presidente la ragione del suo rifiuto di rendere pubblici i documenti relativi a Jeffrey Epstein, una figura controversa al centro di un vasto scandalo. La risposta di Trump è stata immediata e sferzante: l’ha guardata, le ha puntato il dito e le ha intimato in tono aggressivo: “Zitta, stai zitta, cicciona.” Questo epiteto in italiano è stato affiancato, secondo quanto riportato da diversi media americani, dall’uso di “piggy,” un termine che il tycoon ha già impiegato in passato in contesti denigratori. La condotta di Trump non si è fermata a questo singolo episodio. Successivamente, parlando con i giornalisti sulla pista d’atterraggio, ha rincarato la dose, suggerendo che Bloomberg avrebbe dovuto licenziare la Lucey per la sua domanda e la sua presenza.

Precedenti e pattern comportamentali

Questo specifico linguaggio non è nuovo nel repertorio comunicativo di Donald Trump. L’uso di “piggy” come strumento di offesa sembra essere un insulto “preferito” o, comunque, un pattern ricorrente nel suo modo di interagire, specialmente con le donne. Un caso emblematico risale alla sua campagna presidenziale del 2016, quando l’ex Miss Universo Alicia Machado denunciò un trattamento analogo. Machado, che vinse il titolo a soli diciannove anni quando Trump era comproprietario dell’organizzazione, dichiarò pubblicamente che il magnate l’aveva minacciata di revocarle il titolo dopo che era aumentata di peso. Questo episodio, così come l’attacco a Lucey, sottolinea un atteggiamento problematico nei confronti delle donne che si traduce in attacchi personali basati sull’aspetto fisico, ignorando il merito delle loro domande o delle loro realizzazioni professionali.

La spinta legislativa per la trasparenza

L’episodio dell’insulto si è svolto in un momento di crescente pressione politica e mediatica per la declassificazione dei documenti del caso Epstein. Proprio in quei giorni, la Camera degli Stati Uniti era in procinto di votare un disegno di legge cruciale che mirava a divulgare tutti i file legati al finanziere pedofilo entro trenta giorni dall’entrata in vigore della misura. L’attenzione si è concentrata sul voto, previsto tra le 14 e le 20 locali, corrispondenti alle 20 e le 2 di notte in Italia, come riportato dalla CNN. Un gruppo bipartisan di deputati e senatori si era mobilitato, tenendo una conferenza stampa fuori dal Capitol Hill per esprimere la propria ferma convinzione che la risoluzione sarebbe stata approvata all’unanimità dalla Camera.

L’appello delle vittime e il sostegno politico

Accanto ai parlamentari promotori della risoluzione c’erano alcune delle vittime di Jeffrey Epstein. La loro presenza ha conferito un peso morale significativo all’iniziativa, accompagnato da un appello diretto e accorato alle autorità. Le vittime hanno chiesto con fermezza di “smetterla di strumentalizzare la vicenda per fini politici,” evidenziando come la loro sofferenza dovesse essere trattata con serietà e trasparenza, al di là delle diatribe di parte. Se la Camera avesse approvato la risoluzione, la misura sarebbe passata al Senato per la votazione finale, prima di essere inviata a Donald Trump per la firma definitiva. Il deputato Thomas Massie, repubblicano del Kentucky e uno dei principali promotori della legge, ha espresso un monito al Senato, dicendo: “Non rovinate tutto al Senato.”

Il cambio di posizione di Mike Johnson

La pressione per la divulgazione dei documenti ha portato a un significativo cambiamento nella posizione di importanti figure politiche. Lo speaker della Camera, Mike Johnson, ha annunciato il suo sostegno alla proposta di legge per la pubblicazione dei documenti sul caso Epstein. Questo annuncio è arrivato in un contesto in cui, per mesi, Johnson si era opposto al voto della misura, seguendo implicitamente le indicazioni di Donald Trump e sostenendo che la riservatezza fosse necessaria per proteggere la privacy delle vittime. Il repentino cambio di rotta di Johnson, comunicato ai repubblicani, è stato interpretato come una vittoria della trasparenza e della pressione pubblica sul caso Epstein, mostrando come il dibattito sulla verità e l’accesso ai file sensibili abbia superato le iniziali resistenze politiche.

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