
Il calvario della piccola Ludovica, due anni appena, è cominciato con tre giorni di febbre altissima, perdita di appetito e una crescente stanchezza che aveva insospettito i genitori di Borgo Valbelluna. Il primo campanello d’allarme era arrivato mercoledì, alla scuola dell’infanzia, quando la temperatura aveva toccato i 39 gradi. In un periodo segnato da influenze diffuse, la famiglia aveva pensato a un virus stagionale e la mamma aveva somministrato del paracetamolo, seguendo le indicazioni consuete. Per qualche ora la bambina era sembrata in miglioramento.
La tregua però era durata pochissimo. Giovedì pomeriggio Ludovica si era svegliata lamentando dolori alla fronte e agli occhi, sintomi insoliti che avevano spinto i genitori a ricontattare la pediatra. La dottoressa aveva suggerito di aumentare la dose di paracetamolo e, alla visita del giorno successivo, aveva riscontrato un quadro compatibile con un’infezione virale, accompagnata da un leggero arrossamento della gola. Nulla che facesse pensare a un pericolo imminente, nonostante la bambina apparisse debole, apatica e incapace di nutrirsi.

Durante la notte tra venerdì e sabato le condizioni erano precipitate improvvisamente: febbre stabile a 39, respirazione difficoltosa e un improvviso strabismo, sintomi che avevano fatto scattare l’allarme. A quel punto il padre aveva deciso di correre al Pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria del Prato di Feltre, dove alla piccola era stato assegnato un codice bianco.
I sanitari avevano somministrato un aerosol e un antibiotico, indirizzando la famiglia verso la Pediatria per ulteriori valutazioni. Anche lì Ludovica era stata visitata e sottoposta agli accertamenti ritenuti necessari in base alla sintomatologia. Poi, meno di un’ora dopo l’arrivo in ospedale, era stata dimessa con l’indicazione di proseguire la terapia a casa, monitorando attentamente l’evoluzione del quadro clinico. Una decisione che oggi pesa duramente sulla coscienza dei genitori.

Una volta tornata a casa, le condizioni della bambina non erano migliorate. Il respiro restava affannoso, lo sguardo tornava a incrociarsi e le energie sembravano del tutto esaurite. I genitori avevano chiamato il 118, sperando in un intervento immediato. Ma ogni aiuto era arrivato troppo tardi: Ludovica è morta tra le braccia del padre, intorno alle 9 del mattino, prima che i soccorritori potessero raggiungerla.
La tragedia ha scosso profondamente tutta la comunità di Borgo Valbelluna e ha spinto i genitori a presentare un esposto alla Procura di Belluno, per comprendere cosa sia accaduto in quelle ore drammatiche. L’obiettivo è chiarire se la piccola sia stata vittima di una sottovalutazione clinica oppure di un virus particolarmente aggressivo, capace di peggiorare il suo stato in modo improvviso e fulminante.
La magistratura ha aperto un fascicolo d’indagine contro ignoti e ha disposto l’autopsia, affidata al medico legale Antonello Cirnelli. L’esame dovrebbe fornire le prime risposte nei prossimi giorni, soprattutto su eventuali infezioni virali atipiche o complicazioni non individuate durante i controlli ospedalieri.
Tra le ipotesi al vaglio c’è anche quella che la bambina non fosse affetta da una semplice influenza stagionale, ma da un virus più letale, in grado di colpire rapidamente senza lasciare il tempo di intervenire. Nel frattempo l’Ulss 1 Dolomiti, da cui dipende l’ospedale di Feltre, ha annunciato l’avvio di un approfondimento interno per ricostruire ogni passaggio della notte in cui Ludovica era stata visitata.
In una nota ufficiale, l’azienda sanitaria si è detta «profondamente colpita e addolorata per la perdita della piccola», porgendo le proprie condoglianze alla famiglia e spiegando che è in corso una procedura interna «per dettagliare l’accaduto e le possibili cause cliniche del decesso». Parole che provano a restituire un minimo di conforto a una famiglia che oggi attende una sola cosa: la verità su ciò che ha portato via Ludovica in una mattina di novembre.


