
«Questa volta me l’ha uccisa». Sono le uniche parole che la madre di Noemi Riccardi è riuscita a pronunciare mentre stringeva il telefono, dopo una videochiamata che nessun genitore dovrebbe mai ricevere. Sullo schermo, il corpo insanguinato della figlia 23enne, riversa a terra nell’appartamento di via San Paolo Bel Sito, a Nola.
A mostrarle quelle immagini è stato l’altro figlio, Vincenzo, 25 anni, che – secondo la ricostruzione degli inquirenti – pochi istanti prima avrebbe colpito la sorella con numerose fendenti, almeno una ventina, durante una violenta aggressione.
Da quel momento, per la donna è iniziata una corsa disperata verso la casa al quinto piano. Ma la strada era già presidiata dai carabinieri, con le auto di servizio, le sirene, i nastri che isolavano l’ingresso del palazzo diventato teatro della tragedia.

Arrivata sul posto, la madre ha riconosciuto subito l’edificio e si è lasciata andare, sostenuta dalle colleghe dell’impresa di pulizie presso cui lavora, mentre gli operatori cercavano di impedire l’accesso all’area dell’intervento.
In quell’appartamento vivevano insieme madre, figlio e figlia. Il padre non era più presente e, da quando la famiglia si era trasferita a Nola, i vicini avevano notato un clima domestico teso. «Litigavano spesso, sentivamo le urla», racconta una residente. «Vincenzo picchiava la sorella. Anche stamattina abbiamo sentito una discussione».
Per chi abitava nei dintorni, il disagio familiare non era un dettaglio nascosto: era una presenza quotidiana, fatta di discussioni, rumori improvvisi e pianti soffocati dalle pareti sottili del condominio. Le condizioni psicologiche dei due giovani erano note ai servizi sanitari. Vincenzo era in una fase di primo contatto con il centro di salute mentale: sarebbe stato visto una decina di giorni fa, troppo presto per formulare una diagnosi o avviare un percorso terapeutico definito.
La situazione di Noemi appariva ancora più fragile. Secondo conoscenti e colleghe della madre, alternava momenti in cui chiedeva aiuto ad altri in cui rifiutava il supporto degli specialisti, riferendo incubi frequenti e una paura crescente di restare sola in casa con il fratello.


