
Nel punto più crudo e semplice della questione c’è una verità che non si può ammorbidire: qualunque “piano di pace” costruito sopra la testa di Kiev finisce per favorire la Russia. Non rappresenta una tregua, non una soluzione, non un atto di coraggio diplomatico. È un vantaggio regalato all’aggressore. Accettare un accordo scritto altrove, secondo le condizioni di chi ha invaso, significa legittimare la regola più pericolosa del nostro tempo: la forza vale più del diritto e un confine può essere ridisegnato dai carri armati per poi essere certificato nelle stanze della geopolitica. La pace non è un atto notarile tra potenze, è un principio morale. Senza questo fondamento, l’Europa torna un campo di caccia.
La sovranità non è negoziabile
Cedere territori, ridurre arsenali, rinunciare al diritto di difendersi non equivale a un compromesso ma a una resa. È trasformare l’aggressione in un precedente, consegnando l’idea che violare uno Stato europeo

