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“Il silenzio dopo la voce”: l’Italia saluta Ornella Vanoni e il dolore di Fabio Fazio

Pubblicato: 22/11/2025 06:45

Addio a Ornella Vanoni, e l’Italia si scopre più sola. Le reazioni, in queste ore, raccontano la misura della sua assenza molto più delle parole: un vuoto improvviso, quasi fisico, che riporta tutti all’essenziale. È un’ondata di memoria che attraversa il mondo della musica, della televisione, del teatro, e che restituisce l’immagine di un’artista che ha attraversato epoche e generazioni con la naturalezza delle figure davvero grandi. Le prime frasi che arrivano dai social hanno la fragilità tipica dei lutti veri: poche parole, spezzate, come se la notizia non avesse ancora trovato un posto. È il segno più chiaro di ciò che lascia dietro di sé una voce considerata da molti senza fine, capace fino all’ultimo di trasformare una canzone in un pezzo di vita condivisa.

A Milano, dove l’artista è morta a 91 anni, il tributo è diventato immediatamente collettivo: colleghi, amici, protagonisti della cultura popolare e dello spettacolo hanno iniziato a parlare di lei come si parla di una presenza che sembrava eterna. L’ha fatto Luciana Littizzetto, l’ha fatto Loredana Berté, l’ha fatto Patty Pravo. Tutte, con accenti diversi, hanno restituito un ritratto di libertà, di sfrontatezza, di dolcezza non addomesticata. E poi una lunga, lentissima scia di emozioni che ha attraversato la musica di Vasco Rossi, i ricordi di Enrico Mentana, le parole di Simona Ventura, Francesca Fagnani, Mara Venier e Laura Pausini. Ognuno ha trovato un frammento della propria storia nelle canzoni, nelle ironie, nella capacità tutta milanese di raccontare la malinconia come si racconta un dettaglio quotidiano.

Il dolore di Fabio Fazio

Tra tutti, a colpire più di altri è stato il silenzio di Fabio Fazio, che su quella voce aveva costruito una delle relazioni più autentiche del suo salotto televisivo. “Non sono in grado di dire niente. Sono senza parole e non ero pronto”, ha scritto il conduttore di Che tempo che fa. Un dolore che arriva nudo, senza sovrastrutture, e che in queste ore è diventato il simbolo di un lutto collettivo: la fine di una complicità televisiva che, negli ultimi anni, aveva permesso agli spettatori di vedere una Vanoni più autoironica, più affilata, più vera. Dietro quel messaggio c’è anche il segno di un rapporto personale, costruito nelle pause, nelle confidenze, nelle risate che lei stessa amava provocare, come se la leggerezza fosse una forma superiore di intelligenza.

A questa emozione si è unita la costellazione di voci femminili che negli anni hanno incrociato la strada della cantante. Da Loredana Berté, che ha parlato di una donna “affascinante, intelligente, colta, autoironica”, a Patty Pravo, che l’ha salutata come una “grande amica”. E poi le parole dolorose e quasi fisiche di Paola Turci e quelle, ancora più immediate, di Annalisa, raggiunta dalla notizia appena scesa dal palco. In ognuna si ritrova una parte di ciò che Vanoni ha rappresentato: un repertorio che ha accompagnato generazioni, ma soprattutto un modo di stare al mondo, di essere libera, di essere fragile senza mai mostrarsi piccola.

Un’icona che attraversa generazioni

In queste ore il racconto si è arricchito di sfumature intime, come quelle di Alba Parietti, che ha parlato della cantante come di una “montagna meravigliosa e impossibile da scalare”. O come quelle di Marracash, che l’ha salutata ricordando un frammento della propria carriera e della propria vita. È un mosaico di immagini che colloca Vanoni nel territorio delle figure trasversali: quelle che appartengono alla musica ma anche al costume italiano, al teatro, al cinema, alle battaglie vissute più con l’ironia che con la retorica. Molti, nelle ultime ore, hanno ricordato le origini con le canzoni della mala, l’incontro con Strehler, la voce che sapeva restituire la malinconia senza farla diventare pesante.

È a questa eredità che si aggrappa anche il saluto del giornalista Alessio Lasta, che ha provato a mettere in parole un tratto essenziale dell’artista: l’idea che “non ci si risparmia dal dolore, ma gli si dà un posto”, e che in questo stava il suo essere profondamente milanese e profondamente umana. Una donna capace di raccontare gli amori appaganti, quelli dolorosi, quelli brevi e quelli infiniti, senza mai perdere quella cifra ironica che negli anni l’ha resa riconoscibile come una firma d’autore.

Alla fine, l’addio che arriva dai social e dalla televisione restituisce una certezza: la musica non è finita. Non lo è perché la voce di Ornella Vanoni, come hanno scritto molti, resta nel tempo con quella misura elegante, quasi rarefatta, che l’ha resa uno dei pilastri della cultura italiana. E non lo è perché chi l’ha amata, chi l’ha ascoltata, chi l’ha raccontata continuerà inevitabilmente a portarla con sé. Perché alcune voci, quando si spengono, non fanno buio: fanno memoria.

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Ultimo Aggiornamento: 22/11/2025 06:50

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