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Ornella Vanoni, addio alla signora della canzone e all’eleganza di un Novecento che non c’è più

Pubblicato: 22/11/2025 15:55

È difficile raccontare cosa significhi davvero la scomparsa di Ornella Vanoni. Non solo per la musica italiana, che perde una delle sue interpreti più raffinate e inconfondibili. Ma per un Paese intero, che con la sua voce di velluto ha attraversato una buona parte di Novecento. Ornella Vanoni è morta a 91 anni, nella sua casa di Milano, colpita da un malore che non le ha lasciato scampo. È accaduto poco prima delle 23 di ieri: l’arrivo del 118, la corsa dei soccorritori, poi la conferma che nessuno avrebbe voluto sentire. Se ne è andata nel silenzio della sua abitazione, come spesso aveva scelto di vivere gli ultimi anni: senza troppo clamore. Eppure, la prima immagine che resta è quella di una donna appassionata, quasi indomabile. Il vicino di pianerottolo ha raccontato che ogni sera, puntuale, sentiva Ornella canticchiare le sue canzoni a mezzanotte. Una confidenza domestica, un gesto da diva inconsapevole. «Aveva una vitalità unica al mondo», ha detto. E ne hai la sensazione anche ascoltandola nelle ultime interviste: lo sguardo limpido, l’umorismo asciutto, quel modo di parlare della vita e della morte senza tragedia, con un pudore che era profondamente suo.

Ornella Vanoni, addio alla signora della canzone e all’eleganza di un Novecento che non c’è più

Negli ultimi anni aveva trovato una nuova stagione di popolarità come presenza fissa a Che Tempo Che Fa: lì, davanti a Fabio Fazio, Ornella Vanoni si mostrava come pochi artisti sanno fare. Alta e bassa, elegante e popolare, capace di un’autocritica feroce e di una leggerezza che non era mai superficialità. Quando parlava del sonno che non arrivava, delle notti di ansia, delle «barriere della depressione», lo faceva senza teatralità. Era semplicemente onesta: «Ho avuto tre depressioni lunghe. L’ansia non fa dormire e quando non dormi diventi depressa». La fragilità per lei non era una vergogna e non temeva di ammettere che a volte per restare in piedi possono servire anche gli antidepressivi; aveva capito anno dopo anno che il passo più difficile è quello di fare i conti con sé stessi e volersi bene. Una verità che Ornella Vanoni ha maneggiato con classe.

L’incontro con Giorgio Strehler e l’amore intenso per Gino Paoli

Dalla Milano borghese, in cui era nata nel 1934, al Piccolo Teatro dove aveva incontrato Giorgio Strehler, il primo grande amore. Lei, giovanissima e ribelle; lui, genio e figura centrale della cultura italiana. Una liason scandalosa scoppiata nel 1955. Strehler le scrisse addosso un repertorio che avrebbe definito per sempre il suo stile interpretativo: le mitiche “Canzoni della mala”, quel mix di teatro, poesia e periferia che solo lei avrebbe saputo trasformare in un genere. Poi arrivò Gino Paoli. E lì si entra nella leggenda pura. Un amore intenso, tormentato, che attraversò gli Anni Sessanta e lasciò tracce nella storia della musica. Paoli le regalò Senza fine”, un autentico capolavoro. Vanoni ha sempre ammesso di averlo amato profondamente, persino quando sposò un altro uomo, Lucio Ardenzi, impresario teatrale e padre del suo unico figlio, Cristiano. Un matrimonio che lei stessa definiva “un errore”, vissuto con quella lucidità che solo il tempo ti concede.

Oltre 55 milioni di dischi venduti e più di cento album

La carriera, intanto, correva. Oltre 55 milioni di dischi venduti, più di cento album, collaborazioni con artisti giganteschi: Dario Fo, De AndréConteFossatiDallaMina. E poi i brasiliani, Toquinho e Vinícius de Moraes. Otto partecipazioni a Sanremo, una quasi vittoria con “Casa bianca”, un ritorno memorabile nel 2018 con Bungaro e Pacifico. La musica, per Ornella, è stata una passione lunga settant’anni. Una vita intera. E ora? Resta una sensazione strana: che se ne stia andando giorno dopo giorno un pezzo di Novecento. Prima le Kessler, ora la Vanoni. Donne che ci ricordano quanta eccellenza, quanta libertà, quanta genialità abbia attraversato questo Paese. Loro tenevano insieme mondi opposti: il teatro e la tv, l’artigianato della voce e la cultura popolare, il rigore e l’allegria. Oggi questa stoffa sembra più rara. Non mancano gli artisti di talento, ma scarseggia quella miscela irripetibile di eleganza e ironia, pudore e sfrontatezza, fragilità e forza. Vale a dire la capacità di essere colti senza essere elitari, popolari senza essere banali.

Ornella Vanoni lascia un vuoto pieno di musica

Ornella Vanoni lascia un vuoto pieno di musica, certo. L’appuntamento, Domani è un altro giorno, La musica è finita, Rossetto e cioccolato, Sant’Allegria sono soltanto alcuni dei suoi grandi successi. Ma ci consegna anche una lezione: la vita va vissuta fino all’ultimo respiro, con la forza di mostrarsi per ciò che si è. Con i dolori, le notti insonni, le risate improvvise. E ora Milano si prepara a salutarla nel luogo più simbolico possibile: il Piccolo Teatro Grassi, la sua casa artistica, il punto da cui tutto era partito con Strehler e dove ora torna per l’ultimo atto. È lì che verrà allestita la camera ardente, domani dalle 10 alle 14 e di nuovo lunedì mattina, per permettere a fan, amici e colleghi di omaggiarla. Una scelta che sembra cucita addosso ad Ornella Vanoni: teatro, memoria, grazia. E un ritorno circolare alle sue origini.

Il suo addio? Una bara economica e il vestito firmato Dior

Lei, del resto, aveva già raccontato con quella schiettezza disarmante come immaginava il suo addio. Lo aveva fatto da Fabio Fazio, con la solita ironia: «La bara deve costare poco. Il vestito ce l’ho: è di Dior». E poi l’ultima richiesta, la più poetica di tutte: «Fate suonare Paolo Fresu». Era il suo modo di sdrammatizzare l’inevitabile, di parlare di morte come parlava della vita: senza enfasi, senza retorica. Solo con la verità addosso. Domani, al Piccolo, quella verità risuonerà forte: nell’abbraccio dei milanesi, nelle lacrime degli amici, nelle note che forse qualcuno vorrà dedicarle. Perché Ornella Vanoni, lo dicevamo, non ha lasciato semplicemente un repertorio, ma un’idea di bellezza, un modo di stare al mondo, un’eleganza d’altri tempi. E mentre il sipario si chiude, ci resta assieme a tanta malinconia un pensiero: certe voci non muoiono mai. Cambiano soltanto stanza.  

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Ultimo Aggiornamento: 22/11/2025 15:57

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