Casa nel bosco: una storia che continua a far discutere. Dopo la decisione del Tribunale per i minorenni di allontanare i tre figli di Catherine Birmingham e Nathan Trevillion, emergono nuovi dettagli e testimonianze. La coppia, che da tempo vive in un rudere immerso nella natura, ha scelto uno stile di vita essenziale: niente acqua corrente, nessun bagno, riscaldamento affidato a una stufa e un caminetto, energia garantita da un pannello solare. Condizioni che hanno portato le autorità a intervenire, disponendo il trasferimento dei minori in una casa famiglia.
Il caso ha acceso un dibattito nazionale che coinvolge politica, istituzioni e opinione pubblica. Ministri come Nordio e Salvini hanno criticato la decisione dei giudici, mentre l’associazione magistrati ha difeso la scelta, sottolineando la necessità di tutelare i bambini. Tra libertà di scelta e tutela dei minori, amici e vicini della coppia hanno deciso di rompere il silenzio, offrendo una prospettiva diversa.
Una comunità nel verde: “Non sono soli”
Tra i testimoni c’è Davide, musicista e padre di due figli, che ha raccontato a Repubblica il suo punto di vista: “Voi userete quella parolaccia, guru, ma per noi solo semplicemente due persone impegnate in un progetto e un processo di autosufficienza energetica, materiale e spirituale e che hanno letto molto e stanno dimostrando di essere davvero coraggiose”. Aggiunge poi: “Saremo sessanta persone, uomini, donne, bambini. Ci incontriamo con le famiglie e, peraltro, siamo la presenza che dimostra che i tre figli Trevillion non crescono soli, o isolati con la loro famiglia”.
Davide descrive un ambiente comunitario fatto di incontri all’aperto, musica e condivisione. Intorno a un fuoco acceso, i partecipanti si abbracciano, parlano, suonano chitarre, violini e strumenti esotici. “Dobbiamo reimparare a essere gentili ed empatici”, spiega. Il gruppo rifiuta il consumismo e abbraccia un ritorno alla semplicità, ispirandosi alle antiche tribù e cercando autonomia energetica attraverso soluzioni sostenibili come i pannelli solari.
“Un ambiente ideale per i bambini”
Per Davide, il contesto in cui vivono i Trevillion è positivo anche per i più piccoli: “Galorian, il maschio gemello di Nathan e Catherine, è portatissimo per la musica”. In un’intervista al Corriere della Sera, il vicino ribadisce: “Non vedo radicalismo nel voler fare il contadino”. Nathan, infatti, trova soddisfazione nel coltivare il proprio orto e vivere dei frutti del suo lavoro. “Alla famiglia e ai bambini non manca nulla, tranne quel superfluo di cui le vite degli altri sono piene”.
Secondo lui, quella dei Trevillion non è una vita di privazioni ma una scelta consapevole, legata al desiderio di autenticità e libertà. Un modello alternativo che, pur discutibile per alcuni, rappresenta un esperimento di vita sostenibile e in armonia con la natura.
Scuola, regole e quotidianità
Davide chiarisce anche la questione dell’istruzione: “I bambini sono inseriti in un percorso perfettamente legittimo. Tutto in regola”. La famiglia pratica infatti la scolarizzazione domestica, un metodo riconosciuto dalla legge italiana, con attestati ufficiali che certificano l’apprendimento. Quanto alla socialità, assicura che i figli non sono isolati: “Il babbo e la mamma sono persone estremamente aperte e solari”.
Restano tuttavia alcune criticità strutturali, come l’assenza dei bagni, ma secondo Davide la famiglia sta già intervenendo: «Il papà sta già provvedendo». A suo dire, quella dei Trevillion è una famiglia unita e determinata, impegnata in un progetto di vita condiviso e in piena sintonia con la natura. «Guardate come sono tenute le bestie. Cavalli, asini, galline, tutti hanno un nome. Solo ai pulcini non è stato possibile darne uno».
Una storia che continua a dividere l’opinione pubblica, ma che solleva una domanda profonda: dove finisce il diritto di scegliere un modo di vivere libero e naturale e dove inizia il dovere di proteggere i più piccoli?


